I giornalisti e i collaboratori dell’Unità incrociano le braccia contro l’ipotesi di chiusura delle redazioni di Emilia Romagna e Toscana. “Sono i territori in cui il giornale è più radicato”.

Il taglio dei fondi all’editoria e la crisi economica si abbattono sulla carta stampata e rischiano di fare vittime. A rischiare grosso è l’Unità, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci e di proprietà del Pd, che si prepara ad avviare un pesante piano di ristrutturazione incentrato sulla chiusura delle redazioni locali di Bologna e Firenze (60 i redattori coinvolti) e sulla riduzione delle pagine del quotidiano.
“Un piano ufficiale non è ancora stato presentato dall’azienda – precisa Valeria Tancredi, giornalista della redazione bolognese – ma in queste settimane sono circolate voci che parlavano di questa ristrutturazione”.
Una modalità di comunicazione dell’azienda nei confronti dei lavoratori che non è piaciuta, al punto che i giornalisti hanno deciso di scioperare.

L’ipotesi di chiudere le redazioni di Emilia Romagna e Toscana appare ai lavoratori come un vero e proprio suicidio, dal momento che è proprio in queste due regioni che il giornale è più diffuso.
“Non capiamo le ragioni di questa scelta – osserva Tancredi – dal momento che inevitabilmente avrà ripercussioni anche sulla raccolta pubblicitaria”.
La situazione nella testata di proprietà del Pd, del resto, è già piuttosto pesante. I collaboratori registrano pagamenti in ritardo e discontinui. L’ultimo compenso ricevuto è quello del primo marzo, relativo alle competenze di novembre.
I giornalisti, con lo sciopero, sperano di indurre la proprietà ad aprire un tavolo di trattativa in cui discutere il futuro della testata.

Articolo precedentePremio Maccio Capatonda 2011, cinema alla radio
Articolo successivoLa meritocrazia è un trucco neoliberista