È scomparso lo scorso 1 gennaio l’economista Tony Atkinson, pioniere degli studi sulla distribuzione dei redditi e della ricchezza, sulla diseguaglianza e la povertà. Marta Fana ne ricorda il profilo e l’importanza.
Addio a Tony Atkinson: il padre degli studi sulle disuguaglianze
Il professor Tony Atkinson è stato e sarà sempre ricordato come il pioniere degli studi sulla distribuzione dei redditi e della ricchezza, sulla diseguaglianza e la povertà. Una carriera interamente dedicata ai problemi distributivi e all’utilità e modalità dell’intervento dello stato per correggere e alle volte superare i limiti del sistema capitalistico, o in gergo del mercato così come lo conosciamo.
La sua morte avvenuta il 1° gennaio del 2017 è passata inosservata in Italia, mentre un’enorme perdita si consumava per il mondo accademico e più in generale intellettuale. Atkinson iniziò la propria carriera negli anni ’60, concentrandosi inizialmente sull’economia della tassazione e più in generale dell’economia pubblica, argomento su cui coautorò, insieme al più noto Joseph Stiglitz, un libro di testo memorabile e ampiamente diffuso. Erano anni in cui le questioni distributive, il conflitto capitale lavoro, erano al centro del dibattito economico. Lo studio della concentrazione della ricchezza non era propriamente alla moda, ma il giovane professore inglese ne fu appassionato e continuò a dedicarvi la propria carriera; anche nei decenni successivi, quando le diseguaglianze aumentarono a causa di scelte politiche a favore dei ceti più abbienti e furono ampiamente giustificate da un pensiero egemonico sempre più totalizzante.
La produzione scientifica di Atkinson è smisurata ma poco nota nei tradizionali corsi di economia, dove appunto le questioni distributive e l’economia della diseguaglianza non sono materie di studio, se non in casi isolati.
Nella consapevolezza che l’economia è una scienza sociale e deve servire per aiutare i governi a scegliere le politiche più adatte a promuovere giustizia sociale, il testamento di Tony Atkinson, “Inequality, what can be done”, è fortemente propositivo e allo stesso tempo divulgativo, accessibile anche ai non addetti ai lavori. Con un’ampia disamina, Atkinson spiega come gli attuali e crescenti livelli di diseguaglianze non siano in alcun caso il risultato di un incidente o di leggi immutabili, bensì determinati dalle scelte politiche, riassumibili nella svolta neoliberista degli anni ’80.
A partire da questa consapevolezza, anche le soluzioni sono a portata di mano e praticabili. Soluzioni che tuttavia non vivono nel compromesso socialdemocratico ma necessitano di una contro-rivoluzione in senso progressivo. Tra i 15 propositi per sconfiggere le diseguaglianze che il prof Atkinson ci lascia in eredità un ruolo determinante ha la tassazione progressiva, non solo per i redditi ma anche per la ricchezza e soprattutto per le eredità.
Secondo Atkinson infatti ogni valore patrimoniale accumulato nel corso della vita deve essere tassato progressivamente e allo stesso tempo con il gettito recuperato, ciascun diciottenne dovrebbe essere beneficiario di una quota di patrimonio, un’eredità sociale. Inevitabile notare la distanza siderale tra una proposta di tale portata e quelle approvate dal governo italiano con il bonus cultura di 500 euro. Altre proposte, non paragonabili a nulla di quel che si muove nel nostro panorama politico, riguardano l’introduzione di programmi di lavoro pubblico con minimi salariale ben al di sopra della soglia di povertà, l’introduzione di vincoli distributivi nelle politiche a tutela della concorrenza, il massiccio coinvolgimento dello Stato nell’indirizzo degli investimenti in innovazione e tecnologia, l’introduzione del salario minimo nazionale che soddisfi i diritti materiali di tutti i cittadini, aumento della spesa per welfare. Proposte che appaiono radicali ma che invece sono necessarie e inevitabili per chi si pone come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita e la riduzione delle diseguaglianze, che dall’ambito materiale si traducono in diseguaglianze sociali e politiche.
Non a caso, nel paese in cui non esiste una tassa sulle successioni, è stata abolita la tassa sulle prime case indipendentemente dal loro valore, si riduce la tassazione sui profitti in modo lineare, ma aumentano le diseguaglianze, gli scritti e il ricordo di Tony Atkinson non affiora il dibattito pubblico. Al contrario, di Tony Atkinson e di proposte radicali ne avremo sempre più bisogno per affrontare la radicalità del mondo reale ed affermare la lotta alle diseguaglianze come obiettivo politico non di facciata, per normalizzare lo status quo, bensì per rovesciare definitivamente le categorie dei vincitori e dei vinti.
Marta Fana