Gli investimenti delle multinazionali nel nostro territorio dimostrano che non è l’articolo 18 il problema. La Fiom vuole dirlo a Renzi, ma se non viene ascoltata è pronta a contestarlo a Crespellano. Papignani: “Sul tfr decidano i lavoratori e non sia una scusa per cancellare contratti nazionali e aumenti di stipendio”.
500 milioni di euro della Philip Morris per lo stabilimento di Crespellano, 500 milioni di commesse della British American Tobacco per il gruppo Coesia, Gima e Montrade. Senza considerare la Ducati ed altre aziende.
Ammontano ad almeno un miliardo di euro gli investimenti delle multinazionali nel territorio emiliano, nonostante non ci sia alcuna “zona franca” dall’articolo 18 e nonostante non vengano applicati contratti separati.
Fatti che parlano chiaro e che consentono alla Fiom di intervenire nel dibattito sulla riforma del mercato del lavoro e sulla volontà espressa dal premier Matteo Renzi di cancellare l’articolo 18. Per i metalmeccanici della Cgil, questi investimenti dimostrano che non sono le tutele dei lavoratori ad ostacolare l’occupazione e la crescita o a spaventare le aziende.
Le tute blu hanno chiesto un incontro al premier per dimostrargli che sta sbagliando approccio e per avanzare una proposta “complessa e complessiva”, come la definisce il segretario regionale Bruno Papignani.
Se Renzi dovesse rispondere “picche”, il sindacato è pronto a contestarlo durante la visita allo stabilimento di Crespellano, che dovrebbe avvenire venerdì prossimo.
“In Emilia Romagna ci sono moltissime multinazionali, anche per incapacità dell’imprenditoria locale – spiega Papignani – che hanno investito nel nostro territorio per sviluppare attività, nonostante l’articolo 18”. Per il segretario della Fiom, se Renzi propone ricette liberiste, le aziende raccolgono “quello che trovano per la strada”, ma il punto è che non sono le tutele ad ostacolare gli investimenti.
Quanto alla proposta del premier di anticipare in busta paga il tfr, per dare alle famiglie più potere d’acquisto, la Fiom si mostra favorevole, ma con alcune precisazioni.
“Che non sia la scusa per cancellare la contrattazione nazionale e gli aumenti salariali – mette in guardia Papignani – I soldi del tfr sono dei lavoratori e devono essere loro a scegliere come utilizzarli”.
Per questo, è importante che un eventuale provvedimento in questo senso mantenga una tassazione agevolata e avvenga su base volontaria.
“Al momento – fa sapere il segretario Fiom – metà dei lavoratori hanno scelto di tenere il tfr in azienda e metà di destinarlo ai fondi pensione integrativi. Se si vuole cambiare, il meccanismo deve lasciare al lavoratore la possibilità di scegliere se ricevere, ad esempio, metà del tfr in busta paga e metà nei fondi pensione”.