«Lunedì celebreremo l’anniversario dei trent’anni dalla morte di Kurt Cobain – cantautore e chitarrista del gruppo rock alternativo statunitense dei Nirvana – con una conferenza sulla sua eredità musicale e culturale», ha spiegato Stefano Marino, docente di Estetica, di Teoria e poetiche del pop, al Dams di Bologna. L’evento si terrà in piazzetta Pier Paolo Pasolini 5/b dalle 15.30 alle 19 e vedrà la presenza di ospiti esperti del panorama musicale degli anni ’90 e delle tendenze del tempo. Davide Sisto, Stefano Solventi, Valeria Sgarella e Luca Villa approfondiranno, in dialogo con il pubblico, la personalità e la creatività di uno massimi interpreti della sottocultura grunge e di una generazione.

Kurt Cobain, un musicista sfaccettato capace di trasformare in musica le tensioni e vulnerabilità di una generazione

Nato a fine degli anni ’60 a Aberdeen, una cittadina poco distante da Seattle, fin da piccolo si forma musicalmente, in modo non convenzionale, ascoltando gruppi appartenenti ai generi del rock e punk, che influenzeranno la sua produzione. Dall’hard rock britannico degli Ac/Dc e gli Led Zeppelin – sui cui pezzi, da adolescente, impara a suonare la chitarra – allo sludge metal dei Melvins, fino ai Clash, e ma anche i Sex Pistols, i R.E.M, Queen e Kiss, tra gli altri. Ma negli anni, per via delle sue esperienze di vita e all’incontro, a fine anni ottanta, con alcuni degli esponenti del movimento riot girrrl, come Tobi Vail, Cobain cambia il suo modo di vedere la società e alcuni dei suoi primi modelli, Ac/Dc e gli Led Zeppelin, da cui prende le distanze «perché la loro musica ha a che fare con il sessismo». Diviene sempre più sensibile alle problematiche sociali soprattutto a quelle della sua generazione. Ma anche l’amore e alcune ferite emotive diventano parole e sound dei brani del suo gruppo, gli The Stiff Woodies, che cambiano nome divenendo i Nirvana. Un nome, Nirvana, ripreso dalla filosofia buddhista, che Cobain spiega come «liberazione dal dolore, dalla sofferenza e dal mondo esterno – e rispetto alla musica specificò che – questo si avvicina al mio concetto di punk». La liberazione dalla sofferenza e dal mondo esterno infatti sono due delle funzioni che Cobain affida alla musica. Dove il dolore si allarga a quello di una generazione, la sua.

«La capacità di catalizzare la sua vulnerabilità in musica, quindi di trasmetterla all’ascoltatore, è quello che l’ha reso un’icona di una culturale legata a un determinato periodo storico», ha precisato Marino. «Per questo abbiamo deciso di organizzare, all’interno di un programma di ricorrenze del Dams, l’anniversario della sua dipartita con alcuni ospiti che approfondiranno Cobain, un’artista sfaccettato. Tra loro Davide Sisto parlerà di “Negative Creep. Cobain e il senso di non appartenenza”; seguiranno poi “Il fallimento di presenza. Gli occhiali di John Nada” di Stefano Solventi; “Kurt is riot. I Nirvana e le femministe di Olimpia” di Valeria Sgarella e “Kurt Cobain tra popular culture e alternative culture. L’alternative fashion e il grunge” di Alessandro Alfieri», ha concluso.

ASCOLTA L’INTERVISTA A STEFANO MARINO :