Nell’Unione Europea oltre 584mila persone, di cui 30mila donne, sono detenute in un istituto di pena, quasi un quarto non hanno ancora una sentenza definitiva, un quinto sconta una pena di un anno o meno. I Paesi con il più alto numero di reclusi sono il Regno Unito (oltre 93mila) e la Polonia (73mila), che ha anche la più alta percentuale in rapporto alla popolazione. Seguono Francia, Germania, Italia e Spagna, intorno ai 60mila detenuti ciascuno. È quanto evidenzia un’analisi comparata realizzata dall’associazione Antigone e sostenuta dal Criminal Justice Programme dell’Ue, diffusa oggi.

Dall’analisi emerge che negli ultimi 10 anni i crimini denunciati alle forze di polizia sono diminuiti e così anche la popolazione carceraria europea, con alcune eccezioni e differenze tra i diversi Paesi: la Francia ha mostrato una costante crescita dei detenuti e in Italia, dove la popolazione carceraria era calata drasticamente, i detenuti sono di nuovo in aumento (al 30 settembre 60.881, con un tasso di sovraffollamento del 120%).

Ai nostri microfoni Alessio Scandurra, coordinatore di Antigone, commenta i dati: “Quello che sorprende è proprio la tendenza europea alla diminuzione della popolazione carceraria, anche in Paesi che inseguono politiche di destra”. Le ragioni, secondo Scandurra, sono molto diverse, ma sembra esserci una consolidata consapevolezza che la detenzione ha un costo economico e la crisi economica ha giocato un ruolo anche in questo senso.

Dopo essere scesa per effetto della sentenza Torreggiani, quella con cui la Corte europea dei Diritti Umani ha condannato il nostro Paese per trattamenti inumani o degradanti subiti dai detenuti, negli ultimi anni la popolazione carceraria in Italia è tornata a crescere.
Per risolvere i problemi cronici di sovraffollamento carcerario è difficile che si possa operare un nuovo indulto, come avvenne nel 2006. “Una strada che funziona e da intensificare è quella delle pene alternative al carcere“, sottolinea Scandurra. Queste hanno dimostrato la loro efficacia, sia sotto il profilo della sicurezza che per i dati emersi sulla recidiva.

Anche la questione della carcerazione preventiva vede come fanalino di coda l’Italia. “La media italiana è più alta di quella europea – sottolinea il coordinatore di Antigone – ed è problematica anche perché è la condizione di carcere più duro per le persone, che spesso si vedono una grande rotazione di detenuti e si trovano a fronteggiare problemi, come l’astinenza di tossicodipendenti appena reclusi”.
Anche in questo caso, per Scandurra un’applicazione più restrittiva della legge, che prevede la custodia preventiva solo come estrema ratio, consentirebbe di ridurre il numero di persone recluse in quello status.

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