Il paese “liberato” dal regime di Saddam nel 2003 è nel pieno della guerra civile. I jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, hanno preso il controllo di Mossul, dove è stato rapito il console turco, e di una vasta regione del Paese. L’obiettivo a lungo termine sembra essere un emirato sunnita.

Sembra inarrestabile l’avanzata dei jihadisti dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, che in pochi giorni hanno preso Mossul, Tikrit (secondo fonti governative tornato sotto il controllo dell’esercito regolare) e Ninive. Circa mezzo milione di profughi sarebbero fuggiti da Mossul, dove il console turco e alcuni membri del suo staff, sono stati rapiti dai militanti islamici.

Lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante è un’emanazione di Al-Qaeda, ma, complici dissidi ai vertici, mantiene una sua forte autonomia. L’obiettivo di questa formazione sunnita, che, dall’inizio della guerra civile, opera anche in Siria è abbastanza chiaro. Nel breve periodo gli integralisti vogliono controllare il nord dell’Iraq, a maggioranza sunnita, con la prospettiva, nel lungo periodo, di prendere una vasta porzione della Siria sunnita per creare un emirato unico..

Intanto il governo di Baghdad appare impotente, ed ha incassato la promessa di aiuto degli Stati Uniti, gli stessi che quel paese avevano occupato più di dieci anni fa, per poi partire definitivamente.Gli Stati Uniti potrebbero, ora, impegnarsi nel bombardamento aereo dell postazioni dei jihadisti.

“Si tratta di qualcosa che dovevamo aspettarci” afferma senza giri di parole Michele Giorgio, corrispondente dal Medio Oriente per il quotidiano “Il Manifesto”. “La guerra civile che tutti temevamo potesse riesplodere, dopo una fase “a bassa intensità”, è riesplosa con forza. E’ in corso una grande battaglia contro gli Sciiti, ma anche per strappare il controllo alle forze laiche del paese.”

Nelle ultime ore, si sta delineando, complice il rapimento del console turco, una sorta di inedito asse tra Turchia e Iran. Giorgio non esclude questo scenario. “E’ una prospettiva possibile -dice- anche perchè negli ultimi tempi ci sono stati segnali di avvicimento tra Turchia e Iran, che fino a qualche tempo fa sembravano avere dei disegni regionali in completa opposizione.  I turchi, che sono stati coloro che hanno foraggiato i gruppi qaedisti in Siria, si sono resi conto di aver fatto “una frittata troppo grossa”. Allo stesso tempo l’Iran, che controlla il governo iracheno, cerca di fare la parte del pacificatore e recitare il ruolo della grande potenza regionale, che può aiutare a riportare la stabilità in un paese instabile come l’Iraq.”

“Al di là di tutti questi movimenti che ci sono, bisogna considerare che la questione irachena, come quella siriana e libanese, dove c’è uno scontro che talvolta riesplode tra sunniti e sciiti, e dove ci sono fortissimi interessi internazionali, legati soprattutto allo sfruttamento delle risorse petrolifere, vede numerosi attori in campo, anche dietro le quinte.” spiega Michele Giorgio.

“Si parla ancora troppo poco -conclude il corrispondente de Il Manifesto- del ruolo che hanno avuto e stanno avendo i sauditi, che in Siria stanno finanziando i gruppi armati, soprattutto il fronte islamico, che combattono contro Assad. In Iraq, in maniera non ufficiale, ma attraverso uomini d’affari, i sauditi stanno finanziando formazioni sunnite radicali vicine ad Al Qaeda, che combattono contro il governo sciita. L’Arabia Saudita, di cui, ripeto, si parla ancora troppo poco, a mio avviso è un attore protagonista, in negativo, di tutta questa vicenda.