Dopo la sperimentazione, il Taser, la pistola che dà scariche elettrice, entra in dotazione ad alcune forze dell’ordine in sette città italiane. Dal 14 marzo, infatti, a Milano, Roma, Bari, Bologna, Firenze, Brindisi e Reggio Calabria gli operatori della Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza impegnati in prevenzione e controllo del territorio avranno a disposizione 4.482 pistole elettriche.
Ad esultare è il sottosegretario leghista agli Interni, Nicola Molteni, che ha detto di aspettare l’evento fin dal 2014.

Taser: per l’Onu strumento di tortura, per la Lega un deterrente

Risale al 2014 l’inizio della sperimentazione del Taser in Italia. La misura fu introdotta nel Decreto Stadi, nonostante l’arma fosse stata già inserita dall’Onu nel 2007 nella lista degli strumenti di tortura e nonostante nel 2018 Amnesty International avesse denunciato che la pistola elettrica era responsabile, solamente negli Stati Uniti, di centinaia di morti, in particolare delle persone già affette da problemi cardiaci.

Il leghista Molteni, però, non si accontenta e ieri ha aggiunto: «Bisognerà lavorare per introdurre il Taser tra gli operatori della Polizia penitenziaria e per gli agenti della Polizia locale, opportunità quest’ultima già prevista nel primo decreto sicurezza del 2018 di Matteo Salvini».
Per il sottosegretario, il Taser «è uno strumento di difesa e non di offesa, di sicurezza e non di violenza. È un deterrente straordinario che, come la sperimentazione ha dimostrato, produce la sua efficacia semplicemente con l’intimazione dell’arma all’aggressore».

Italo Di Sabato dell’Osservatorio sulla Repressione osserva ai nostri microfoni che, da quando è iniziata la sperimentazione del Taser in Italia, non ci sono stati studi indipendenti che abbiano monitorato l’effetto sulla salute di chi è stato colpito da quelle pistole.
Viene anche sottolineato che negli ultimi anni la dotazione di armi in possesso delle forze dell’ordine è sempre aumentata. «Dal manganello Tonfa ai lacrimogeni Cs – osserva Di Sabato – passando per divise che fanno sembrare gli agenti dei Robocop». Nulla, invece, è stato fatto per ciò che riguarda la formazione psico-fisica degli agenti, in modo da renderli più capaci di leggere la situazione che si trovano di fronte.

Il responsabile dell’Osservatorio Repressione, però, approccia il tema anche in termini sociali, constatando che, mentre le persone rischiano la povertà estrema a causa dei rincari delle bollette e dei carburanti, l’Italia spende soldi per gli armamenti, sia bellici che per l’acquisto di dotazioni per le forze dell’ordine.
«Viviamo nel Paese – sottolinea Di Sabato – dove negli ultimi 15 anni le spese sociali sono state tagliate di un terzo per investire invece su sistemi di sicurezza, come la videosorveglianza. Abbiamo città sempre più militarizzate e con meno servizi sociali e territoriali».

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