Prezzi alle stelle. Non è inflazione, è speculazione” (Edizioni Laterza). Ha un titolo che è un condensato di economia il libro di Alessandro Volpi, docente di Storia contemporanea all’Università di Pisa, che verrà presentato alle 18.00 di domani, mercoledì 21 giugno, alla Libreria Ubik di Modena, in via dei Tintori 22.
L’incontro, intitolato “Le (vere) origini dell’inflazione e gli effetti sulla popolazione“, è inserito nella rassegna “La finanza etica non è fantascienza“, un’anteprima di FestiValori, il festival sulla finanza etica di Valori.it.

La finanza e la speculazione alla base dell’inflazione in corso

Il libro di Volpi spiega come l’attuale crisi inflattiva, che ha segnato un aumento vertiginoso dei prezzi di molte merci, tra cui energia e cibo, non sia determinata dai meccanismi tradizionali dell’economia, in particolare per ciò che riguarda domanda e offerta. E non è nemmeno la guerra in Ucraina e la cosiddetta “crisi del gas russo” – titolo giornalisticamente sensazionale – la vera causa di un’inflazione cominciata già nel 2021.
«I prezzi sono impazziti – spiega il docente ai nostri microfoni – perché nei mercati dove si formano i prezzi da anni sono dominanti le scommesse».

Sono meccanismi speculativi, dunque, quelli alla base dell’attuale inflazione, senza che sia realmente aumentata la domanda attraverso un incremento dei consumi, ma senza anche che ci siano stati reali problemi di approvvigionamento di materie prime.
Al centro di tutto ci sono, ancora una volta, i derivati sui beni energetici, che funzionano proprio come delle scommesse sui prezzi stessi dei beni e sul fare di tutto perché quelle scommesse si realizzino affinché chi ha scommesso possa farci profitto.

In altre parole, nemmeno beni di prima necessità come l’energia o il cibo sono al riparo dalla speculazione finanziaria, ma non dobbiamo essere portati a credere che debba essere così.
«Ciò che occorrerebbe sarebbe riportare la finanza ad essere lo strumento dell’economia reale – osserva Volpi – I derivati sono nati come assicurazioni contro i rischi per i soggetti produttori di beni. La finanza oggi funziona esattamente all’opposto: io non sono il soggetto che vende un bene e scommetto sul fatto che questo bene fra tre mesi avrà un prezzo più alto. Basterebbe fare in modo che se tu non hai un contratto di vendita di un bene reale tu non possa fare assicurazioni, perché a quel punto diventa una scommessa».

La politica sbagliata della Bce e il rischio recessione

Di fonte alla corsa dell’inflazione, la Bce ha scelto da mesi di adottare una politica basata sul rialzo dei tassi di interesse. Il concetto alla base è che diminuendo la liquidità – e di conseguenza deprimendo la domanda – i prezzi possano tornare ad abbassarsi.
La ricetta della Bce, però, si basa su presupposti sbagliati. «È uno stimolo condizionato pavloviano – osserva il docente – perché la Bce agisce come se ci trovassimo di fronte all’inflazione degli anni ’70 determinata da un eccesso di consumi».

L’aumento dei tassi voluto dalla presidente Christine Lagarde, però, rischia di avere una ripercussione negativa sull’economia reale, arrivando a travolgerla e a portarla in recessione.
«Poi magari l’inflazione effettivamente crollerà – prevede l’autore del libro – ma perché oggettivamente i consumi non si saranno contenuti, ma per alcuni beni saranno azzerati. Questo non è certamente il migliore dei percorsi da seguire».

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ALESSANDRO VOLPI: