I due Paesi trovano un punto di unione: in entrambi sono presenti numerosi giovani che scendono in piazza per far sentire la loro voce di fronte a un disinteresse generale di politica e opinione pubblica.

Non conviene a nessuno parlarne, così sembra che non esistano.
Si tratta della “Fuck generation” il movimento di giovani indignados che scende nelle strade e protesta in Palestina. Non parteggiano per nessun governo o potere in quanto per loro tutti hanno fallito. Invocano invece la pace, il giorno in cui non dovranno più trovarsi quotidianamente faccia a faccia con i missili e la morte, il giorno in cui potranno viaggiare e confrontarsi con il mondo. Se però date un’occhiata ai giornali o fate un sommario giretto in rete non vedrete nemmeno l’ombra di questi ragazzi determinati a chiedere con forza la liberazione della gioventù palestinese.

Dall’altra parte del muro, Tel Aviv, ci hanno provato a nasconderli ma quando sono scesi in piazza in 400.000 i primi di settembre il velo di silenzio si è incrinato lasciando intravedere giovani, famiglie, anziani che chiedono le dimissioni del premier Netanyahu. Anche qui si comincia a non arrivare alla fine del mese strozzati da politiche ultraliberiste a scapito di quelle sociali ed ambientali. C’è poi il problema della casa: i manifestanti chiedono piani strutturali seri e duraturi che non possono certo passare dalla costruzione di nuove colonie.