In questa puntata di “IndiChe?”, la rubrica di “Vieni avanti creativo” che si interroga su cosa significa essere indipendenti, è intervenuto lo scrittore Gianluca Morozzi. “Essere indipendenti significa poter cambiare stile e genere liberamente”.
Cos’è l’indipendenza?
Gianluca, cosa significa per te essere indipendente?
“Essere indipendente per me significa poter scrivere quel che mi pare senza adeguare la mia scrittura a considerazioni particolari. Non mi ha detto mai nessuno: ‘questo libro ha venduto poco, quindi devi cambiare genere, non puoi ripeterti’. Io sono molto libero di agire, di cambiare modo di scrittura e tematiche. Questo è molto importante e non è affatto scontato, visto che io pubblico con editori piccoli e indipendenti, ma anche major”.
Quali sono i pro e i contro dell’essere indipendente?
“Pubblicare con piccoli autori indipendenti significa avere avere un rapporto davvero molto stretto e diretto a livello di miglioramento del testo. Ovviamente il contro è la distribuzione, anche se nazionale, sugli scaffali che sono invasi da grandi editori e un po’ meno ufficio stampa e meno riscontro”.
Quali sono, secondo te, gli spazi e gli strumenti per una scelta di indipendenza in Italia?
“Per fortuna gli editori sono tanti. La discriminante è l’editore a pagamento e gli editori non a pagamento. Pagare per farsi pubblicare, anche se lo fai ingenuamente e senza sapere che c’è un’alternativa, ti mette in un altro livello. Invece scegliere un editore, magari piccolo, con un catalogo di classe, con molta cura per gli autori, che magari fa otto libri all’anno invece che settanta, ti dà la possibilità di far parte di una bella realtà editoriale. Ci sono piccoli editori che puntano molto su giovani scrittori, che pagano quello che devono pagare e fanno quello che promettono di fare”.
Ma una scelta di indipendenza si può portate avanti se si ha già del potere contrattuale o non importa?
“Generalmente si approda agli editori indipendenti in due fasi distinte: o quando sei un esordiente, per cui sai benissimo che mandare il tuo romanzo ad un grosso editore significa finire nel mucchio e nel nulla, oppure ci si approda dopo, in una seconda fase, dopo qualche anno e qualche delusione con le major, perché spesso per una major, specialmente se non vendi tanto, sei un numero. E questa cosa dopo un po’ è snervante. Allora torni all’indipendente perché vuoi un rapporto diretto”.
Qual’è un modo di pubblicare con una major pur mantenendo la propria indipendenza?
“Devi avere un agente molto bravo, che semplicemente ceda all’editore il diritto di pubblicarti in Italia, ma che tenga i diritti secondari: i diritti per traduzioni, per il cinema e altri sfruttamenti del tuo testo. Agenti che non concedono esclusive particolari, ma soltanto opzioni di anno in anno o di libro in libro e che ti mantengano a cavallo tra l’indipendenza artistica e la cessione alle grosse case editrici”.
In ogni caso per poter “permettersi” di essere indipendenti occorre avere talento…
“L’indipendenza significa che comunque sei accettato come autore. A volte ci sono personaggi che sono un titolo, tu hai scritto quel libro lì e sei quel libro lì. A volte sei un autore, sei quello che ha fatto vari libri e sa cambiare stile e che scrive perché ha tante cose da dire e continuerà a farlo in modo diverso per tanti anni”.