«”Restare barbari” è un’esigenza di non assimilarsi alla civiltà occidentale, mangiata dai meccanismi di produzione del capitale», spiega Anna Curcio, sociologa e traduttrice del libro di Louisa Yousfi Restare barbari. I selvaggi all’assalto dell’impero. Il libro, pubblicato quest’anno ed edito in Italia da DeriveApprodi, si propone appunto di riflettere sul significato di “integrazione” e “assimilazione” e sul rifiuto di piegarsi all’omologazione da parte di chi è oggetto di violenza coloniale e postcoloniale.

“Restare barbari” e l’integrazione fallita: Nahel, l’adolescente ucciso dalla polizia

«I “barbari” sono precisamente coloro che scelgono di resistere ai processi di assimilazione che di fatto funzionano nella Francia repubblicana: neri, arabi, in generale le figure che hanno popolato la società francese in seguito ai processi di decolonizzazione». Queste figure, specifica Curcio, sarebbero formalmente cittadini francesi – tanto che in Francia vige lo ius soli –, ma i processi per integrarle nella società funzionano di fatto come processi di assimilazione che ne annullano le identità e le culture.

Con il suo libro, quindi, Louisa Youssfi si propone di sfatare il mito della completa integrazione delle diversità culturali all’interno della società francese: un mito, perché di fatto in Francia esistono «cittadini di serie A e di serie B», al punto che «la polizia ha legittimità di sparare per uccidere anche un adolescente».

In questo senso, Restare barbari si rivela un’utile chiave di lettura per comprendere ciò che sta accadendo in Francia in questi giorni, in seguito all’omicidio di un ragazzo di 17 anni da parte della polizia francese: fermato alla guida di un’auto da due poliziotti, martedì mattina a Nanterre, il ragazzo avrebbe poi cercato di ripartire per scappare. A quel punto, uno dei due poliziotti gli avrebbe sparato all’altezza del cuore, causandone la morte pochi minuti dopo.

La vicenda ha suscitato particolare scalpore anche perché la discussione tra il ragazzo, Nahel, e i poliziotti è stata ripresa e diffusa; il video, verificato da diversi giornali francesi, mostra un diverbio tra l’adolescente e uno dei due poliziotti, che agita la pistola e la punta contro il ragazzo a pochi centimetri di distanza.

L’ispettorato generale della polizia di Stato ha annunciato di avere aperto un’inchiesta per omicidio colposo, mentre l’avvocato dei genitori del ragazzo ha dichiarato di voler sporgere tre denunce: una contro il poliziotto che ha sparato, per omicidio volontario, una per complicità del collega e una contro entrambi i poliziotti, per avere affermato che il giovane avesse tentato di colpirli (affermazione che sembra essere smentita dal video). Il timore delle istituzioni francesi per una possibile alleanza tra i neri e gli arabi e le classi popolari bianche soggette a processi d’impoverimento, racconta Curcio riportando le parole di Yousfi, sembra essere cresciuto. E in effetti, nel frattempo, in Francia è stata raggiunta la terza notte di proteste.

È interessante notare come, sottolinea infine Curcio, in risposta a queste proteste siano stati mobilitati fino a 40mila poliziotti ma, al contempo, «forse per frenare la situazione il poliziotto che ha sparato è stato incriminato per omicidio. Si può quindi registrare un cambio di atteggiamento tanto da parte istituzionale, che fa uso massiccio delle forze di polizia ma interviene poi sul piano del diritto contro questi atteggiamenti, quanto nella nuova alleanza sociale e di classe, trasversale alle gerarchie della razza, che ha come obiettivo il mettere in discussione lo stato razziale su cui si fondano la Francia e l’intera società occidentale».

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Chiara Scipiotti