Il prossimo 17 dicembre sarà la Giornata internazionale contro la violenza sulle sex worker e a Bologna, alle 18.30 in piazza de l’Unità, si terrà una manifestazione promossa da una decina di associazioni cittadine per accendere i riflettori sul tema. Da un lato la violenza dei clienti a cui sono esposte le sex worker, dall’altro lo stigma sociale e la violenza istituzionale che marginalizza e getta nella fragilità queste persone.

La manifestazione contro la violenza sulle sex worker

«Scenderemo insieme in piazza in un presidio statico per avviare una riflessione sul piano politico e portare questa data nel calendario cittadino», spiega ai nostri microfoni Alice di Mujeres Libres, una delle associazioni che organizza la manifestazione di venerdì.
Il tema del sex work rimane un tabù e proprio a causa di questa invisibilizzazione di chi lo pratica si generano problemi, tra cui la violenza. Ma anche la repressione istituzionale, con ordinanze che marginalizzano e criminalizzano le sex worker – per quanto formalmente la prostituzione non sia illegale in Italia – ed espongono le persone a maggiore insicurezza.

La criminalizzazione del sex work fa il paio con i problemi che chi fa questo mestiere ha incontrato durante la pandemia, quando a causa dei lockdown molte sex worker non hanno potuto esercitare e ciò ha portato a seri problemi di sussistenza.
È proprio il mancato riconoscimento della professione a generare difficoltà alle sex worker. Gli unici sostegni di cui hanno potuto usufruire durante i lockdown sono arrivati dal mutualismo e dalla solidarietà, ad esempio grazie al crowdfunding lanciato dal collettivo Ombre Rosse.

Sul tema del sex work in Italia c’è ancora un grande lavoro culturale da compiere. Spesso il tema viene erroneamente associato e sovrapposto a quello della tratta. «Il sex work è una pratica di autodeterminazione scelta liberamente da persone che, ad esempio, vogliono uscire da situazioni di dipendenza economica – sottolinea Alice – ma ciò non ha nulla a che vedere con la tratta e lo sfruttamento. Punendo le persone e costringendole a condizioni di lavoro pericolose, dovendo nascondersi, si espongono a pericoli, come la violenza di un cliente».

La manifestazione di venerdì prevede un microfono aperto. «Chi non se la sentisse di esporsi può inviare la propria testimonianza a viazambonifemminista@inventati.org e il suo intervento verrà letto da una compagna o un compagno in piazza – osserva Alice – Ci saranno anche banchetti per materiali autoprodotti e vin brulè per scaldarsi, il cui ricavato sarà dato a sex worker in difficoltà».

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ALICE:

Via Luna, il progetto del Mit sulla riduzione del danno

Tra i servizi attivati dal Mit, il Movimento di Identità Transessuale, troviamo anche il progetto “Via Luna – la via delle signore“. Si tratta di unità di strada di cui una, quella curata dal Mit stesso, si occupa di riduzione del danno del sex work. «Quando usciamo con l’unità di strada – racconta ai nostri microfoni Anna D’Amaro – diamo preservativi e lubrificanti alle lavoratrici e ai lavoratori sessuali che incontriamo, ci occupiamo degli accompagnamenti socio-sanitari e cerchiamo di assolvere a tutte le esigenze che riguardano le sex worker».
Una seconda unità di strada, curata da Via Libera, si occupa anche di anti-tratta.

D’Amaro insiste sulla questione del riconoscimento legislativo delle sex worker, che permetterebbe loro di accedere a sussidi, ma anche a mettersi al riparo da pericoli. «La legge Merlin è una legge della fine degli anni ’50 che non tutela più nessuno – sottolinea l’operatrice – Se all’epoca aveva senso chiudere le case chiuse perché si annidava lo sfruttamento, oggi la situazione è molto diversa».
Il movimento transfemminista bolognese si batte per il riconoscimento del sex work e contro la criminalizzazione della professione, che è alla base anche della paura a denunciare violenze subite. «Le persone che subiscono violenza sono restie a denunciare – racconta l’attivista – sia perché dovrebbero vivere una seconda esposizione alla violenza che hanno subito, sia perché dovrebbero spiegare il contesto in cui è avvenuta».

ASCOLTA L’INTERVISTA AD ANNA D’AMARO: