Sabato 29 settembre a Bologna la manifestazione della Rete delle Donne contro il ddl Pillon sulle separazioni. Il provvedimento del senatore del Family Day stravolge il diritto di famiglia creando danni ai figli e grandi ostacoli alle donne, anche per uscire dalla violenza domestica.

In piazza contro il ddl Pillon. Una vasta e trasversale rete di associazioni di donne, sindacati, comunità lgbt e partiti si dà appuntamento per sabato prossimo, 29 settembre, alle 10.30 in piazza Maggiore per protestare contro il ddl Pillon sulle separazioni e chiederne il ritiro.
Il disegno di legge porta il nome del senatore Simone Pillon, uno dei leader dei fondamentalisti del Family Day, e stravolgerebbe il diritto di famiglia, producendo gravi danni ai bambini di coppie separate e penalizzando i genitori, in particolar modo la parte più economicamente fragile che nella maggioranza dei casi è rappresentata dalle donne.

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“Il ddl presenta numerosi profili di incostituzionalità – spiega l’avvocata Marta Tricarico – perché nei suoi vari punti mette in discussione il diritto alla separazione sancito per legge”.
L’obiettivo non dichiarato, sottolineano le promotrici della mobilitazione, è quello di mantenere unite le famiglie indipendentemente dal fatto se stanno bene o male, e addirittura ostacolando l’emersione della violenza domestica.
Il tutto con un iter legislativo altrettanto criticato: non discusso dalle Camere, ma da una commissione redigente.

I punti più controversi del ddl Pillon sono l’obbligo di doppio domicilio per i figli e di dividere a metà la loro vita tra la casa dei due genitori, con incalcolabile impatto sul benessere dei bambini; la cancellazione dell’assegno di mantenimento per i figli; il pagamento dell’affitto da parte del genitore che rimane nella casa familiare al genitore proprietario; l’obbligo di rivolgersi a proprie spese a un ulteriore professionista, il mediatore familiare, per poter procedere con la separazione; l’obbligo di avere anche un coordinatore e un piano genitoriale stabilito dal giudice; l’introduzione della sindrome da alienazione parentale, priva di fondamento scientifico e giuridico, che può far perdere la responsabilità genitoriale se il figlio si rifiuta di vedere l’altro genitore; l’obbligo dei figli 18enni di andare dal giudice per chiedere il mantenimento, che comunque cesserà a 25 anni anche se stanno studiando; la necessità che la violenza domestica sia sistematica per essere condannata; la violazione della Convenzione di Istanbul.

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E proprio il tema della violenza di genere è uno di quelli più delicati. Il ddl Pillon sembra voler ostacolare il riconoscimento di tutte quelle forme di violenza, come quella psicologica o economica, che non siano le percosse reiterate. Ciò desta la preoccupazione dei centri antiviolenza per le possibili conseguenze.
“Temiamo che ci siano problemi per l’emersione del fenomeno – spiega Laura Saracino della Casa delle Donne per non subire violenza – perché le donne si faranno sempre più remore a denunciare, sia per le possibili conseguenze per i figli che per problemi con l’autonomia economica.

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La ventina di associazioni che ha promosso la mobilitazione sanno che il Ddl Pillon è inserito nel programma di governo di Lega e M5S. Proprio per questo fanno appello a tutte le forze politiche e al loro elettorato per chiedere il ritiro. “La qualità della vita peggiorerà per tutti, anche per chi ha votato quei partiti”, conclude Giulia Sudano dell’Associazione Orlando.

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