Una delegazione di donne che compongono una rete di oltre 80 associazioni, tra cui l’Associazione Orlando di Bologna e la Casa Internazionale delle Donne di Roma, ha incontrato ieri il sottosegretario agli Affari Esteri, Benedetto Della Vedova, a proposito della necessità di evacuare e mettere al sicuro le persone, donne e bambine in primis, che sono in pericolo a causa della presa del potere dei talebani in Afghanistan.
L’incontro è seguito ad un appello lanciato proprio dalle associazioni che, dopo aver constatato il fallimento della missione bellica in Afghanistan, vuole impegnare l’Occidente ad offrire soluzioni per la sicurezza delle persone che si trovano alla mercé dei talebani.
Le richieste della rete femminista a sostegno delle donne afghane
Le richieste della rete femminista, in particolare, si sono concentrate sulla necessità di dettagliare precisamente il numero di persone migranti che il nostro Paese ritiene di poter accogliere, sulle modalità della loro accoglienza e sulla necessità di bloccare i rimpatri o le ricollocazioni delle persone afghane già presenti nel nostro Paese.
Inoltre si chiede di coinvolgere l’Anci in una prospettiva di collaborazione tra terzo settore ed enti locali, di offrire una risposta europea di cui l’Italia si faccia apripista e di rifiutare una soluzione che preveda il sostegno ai Paesi di prima accoglienza dei rifugiati afghani, tutti Paesi con una scarsa tutela dei diritti fondamentali.
Ancora più nel dettaglio, la rete femminista riflette sulla necessità di creare un fondo ad hoc verso cui orientare eventuali raccolte di denaro destinate a progetti di cooperazione e sviluppo, formazione ed accoglienza in Italia e in Afghanistan con la garanzia delle istituzioni stesse. Viene anche chiesta un’attenzione particolare all’istruzione e alla formazione di rifugiate e rifugiati, con specifico riferimento a donne e bambine e a chi rimane ad operare sul campo in Afghanistan.
La priorità, in ogni caso, deve essere quella di mettere in salvo le attiviste e le femministe che in questi anni si sono esposte in Afghanistan, anche e soprattutto attraverso la creazione di corridoi umanitari.
«In questo momento più che una questione sui numeri dell’accoglienza, c’è un problema oggettivo a fare uscire le persone – sottolinea ai nostri microfoni Samanta Picciaiola dell’Associazione Orlando – Non è immaginabile un flusso ampio perché l’apertura di corridoi umanitari prevede delle condizioni minime di accordo bilaterale che in questo momento non sono immaginabili».
Un momento cruciale per arrivare a rendere possibili i corridoi umanitari è rappresentato dal G20 che si svolgerà il prossimo 26 agosto a Santa Margherita Ligure. Al vertice è stato aggiunto un punto dell’ordine del giorno, che riguarda proprio la situazione in Afghanistan.
I 20 grandi della Terra dovranno decidere se e come offrire ai talebani una forma di riconoscimento, che sembra essere la condizione necessaria per arrivare ad accordi bilaterali che includano anche i corridoi umanitari.
Qualora non si trovasse questa intesa, lo scenario cambierebbe inesorabilmente. E non certo in meglio.
La rete di associazioni, in ogni caso, ha lanciato un appello che è visionabile e sottoscrivibile qui.
ASCOLTA L’INTERVISTA A SAMANTA PICCIAIOLA: