«Occorre rintracciare quei saperi di donne che confermano il legame delle donne tra loro. Perché è così importante che le donne formino un corpo unico?», si domanda Maria Arena, regista del film Il terribile inganno. Il suo lavoro di documentazione sarà proiettato giovedì 24 settembre alle 14, presso il Nuovo Cinema Nosadella, in Via Lodovico Berti 2/7, a Bologna, durante il Some Prefer Cake, festival internazionale di cinema lesbico.

Un documentario per conoscere i movimenti femministi che aprono la strada

«Tutte libere», cantano in coro le donne di Non una di meno-Milano. Per Maria Arena, che ha documentato il suo percorso all’interno dei femminismi con il suo film “Il terribile inganno”, «Le giovani hanno un occhio più lucido su questa società. Mi affido nelle mani di queste giovani e compio un percorso di conoscenza che lo spettatore fa insieme a me vedendo il film», afferma la regista. Il titolo del film, porta «all’affermazione che è un terribile inganno che sia finita la discriminazione di genere, che i diritti conquistati siano stabili. È un po’ un inganno il fatto di stare tranquille e avere una società dove la cittadinanza tra uomini e donne sia paritaria. Ecco, questo è un inganno perché ancora oggi possiamo notare che ci sono delle discriminazioni» dice Maria Arena durante la sua intervista con Rachele Copparoni. «Faccio un esempio: la legge 194 sull’aborto, conquistata già negli anni ‘70, è sempre a rischio. Gli obiettori di coscienza sono molti.
Nel mondo del lavoro, le postazione dirigenziali sono in scarsissimo numero attribuite alle donne, non perché non ci siano ma è proprio una prassi consolidata».

È importante sottolineare che «Questo film attraverso l’analisi che fa Non una di meno della violenza, giudicata strutturale alla società, tira fuori i livelli di questa violenza. Il femminicidio è la punta di un iceberg di una violenza che è accettata e condivisa», ribadisce la regista. Ed è proprio per questo che Maria Arena decide di seguire Non una di meno a Milano, una città piena di fermento. «La cosa che mi ha sorpreso è proprio questa trasversalità generazionale dalle ragazze di quindici anni alle femministe storiche. Questa è la novità di questi nuovi femminismi, il fatto che ci sia una comunicazione tra le generazioni». Infatti, « le generazioni degli anni ‘70 stanno un po’ un passo indietro, le femministe storiche ascoltano le nuove istanze di non uno di meno».
Ascoltare le nuove generazioni e denunciare il terribile inganno che la nostra società continua a perpetrare. Ecco gli elementi che è necessario ricordare. Tuttavia, non bisogna tralasciare che «si parla di femminismi e non di femminismo. Non si tratta di un partito. Quando parliamo di movimento, all’interno del movimento confluiscono diverse prospettive che riguardano il femminismo. E quindi il movimento è qualcosa che si muove, che diventa marea e apre la strada», precisa la regista.
Per raccontare i femminismi, è fondamentale per una donna partire da se stessa, motivo per cui il film è il personale percorso di conoscenza di Maria Arena. C’è ancora bisogno di attivismo, e ce ne sarà bisogno sempre.

«Il femminismo nasce negli anni ‘70», continua la regista durante l’intervista, ma gli «atteggiamenti nei confronti della difesa dei diritti delle donne ci sono già da prima. Parliamo del Settecento. Solo che poi sono stati censurati, occultati dalla storia. Nel film si parla di Olympe de Gouges, la prima che scrive la dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina nel 1791». Quando tutte le donne saranno veramente libere, probabilmente potremo porre fine, tutte insieme, al terribile inganno che ci coinvolge, perché o siamo libere tutte, oppure non lo è nessuna.

Maria Luisa Pasqualicchio

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