Dal 19 ottobre 2021 al 27 febbraio 2022 Palazzo Reale di Milano ospita una mostra incentrata sul Realismo magico. Dipinti, sculture, disegni e materiali di artisti come Felice Casorati, Giorgio de Chirico, Carlo Carrà, Gino Severini, Mario Sironi, Ubaldo Oppi, Antonio Donghi, Edita Broglio e soprattutto Cagnaccio di San Pietro. Il progetto espositivo è curato da Gabriella Belli, storica dell’arte e direttrice della Fondazione Musei Civici di Venezia, e Valerio Terraroli.
Il paradosso del Realismo Magico, sospeso tra malinconia e prostituzione, spiegato da Gabriella Belli
«È un paradosso parlare di magia e di realtà insieme, ma proprio su questi due termini si gioca questo momento straordinario dell’arte italiana del ‘900. Siamo tra il 1919 e i primi anni ‘30. In Italia c’è un grande movimento e un grande desiderio di ordine che riguarda la fine della guerra e la necessità di pensare dopo l’avventura del futurismo ad una pittura più pacata, più di contenuto. Questo porta una riscoperta di Masaccio, si riscopre Giotto. Ma qui si apre proprio la questione del Realismo Magico perché in questi stessi anni troviamo pittori che definiamo magico-realisti. Una serie di pittori mostrano di non apprezzare troppo i diktat del regime, e sviluppano un’arte molto in linea con l’amore per gli antichi, ma che avrà delle tensioni, delle malinconie, dei tempi sospesi e dei momenti di ambiguità molto forti, che in fondo noi oggi rileggiamo come arte del dissenso», spiega Gabriella Belli.
Il progetto espositivo punta soprattutto a una ricostruzione precisa dal punto di vista filologico e storiografico del fenomeno del Realismo Magico. I capolavori esposti sono più di ottanta. Attraverso questa mostra sarà possibile riflettere su un periodo storico a cavallo tra le due guerre che ha subito una damnatio memoriae, e man mano è stato riscoperto con percorsi monografici sui singoli artisti. Si intende, inoltre, prestare omaggio a Emilio Bertonati, un grande gallerista e critico d’arte che ha avuto la lungimiranza e l’intelligenza di creare una collezione privata dei capolavori del Realismo Magico che la mostra valorizza in maniera particolare «le opere arrivano quasi tutte dai musei, ma una parte importante arriva dal prestito di collezioni private, perché è una pittura poco collezionata come si può immaginare», ci informa Gabriella Belli.
«Il sottotitolo di questa mostra è Uno stile italiano. Lo si vede molto chiaramente nella mostra, con questi dettagli molto realistici, ossessivi, questa realtà che diventa così puntigliosa che diventa appunto irreale. Una mancanza di prospettiva, l’assenza di luci, il disegno che diventa il principe della composizione. Questi artisti alla fin fine sono poco confrontabili con la pittura del Novecento, mentre guardano molto al Nord. Al movimento della Nuova Oggettività tedesca. E anche se la temperie culturale in Italia è meno truce, non c’è dubbio che la pittura di questi italiani si allinea molto con questa pittura. Scopre temi come la prostituzione, il disagio infantile, le difficoltà psicologiche», ribadisce Belli.
Merito del Realismo Magico è anche quello di aver fatto comparire i primi colori acidi della storia dell’arte, e «il tema della distanza, che diventa la distanza dalle cose, la distanza dalla storia che si sta vivendo in quel momento in Italia», continua la storica dell’arte durante l’intervista rilasciata a William Piana. Anche la suddivisione della mostra è caratteristica, infatti essa «Inizia con un quadro del 1919 di Carlo Carrà, che guarda a Giotto, ed è un’icona, così come lo è L’autoritratto di de Chirico. Si sviluppa attraverso una serie di sezioni che hanno dei titoli abbastanza evocativi, come una sezione dedicata ai bambini, perché sono sezioni tematiche. “La stanza dei giochi è vuota”, perché sono bambini adulti, bambini che non giocano. Che preconizza una vita di diseredati. Una stanza intitolata “Fermo immagine”».
Maria Luisa Pasqualicchio
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