Domani, 28 settembre, sarà la Giornata Internazionale per l’aborto sicuro, libero e gratuito e, in Italia, l’attenzione è puntata sul rischio che il diritto all’autodeterminazione delle donne venga messo in discussione dal nuovo governo, che non è ancora nato ma già fa paura.
La vittoria di Meloni, infatti, viene vissuta con preoccupazione dai movimenti femministi e transfemministi perché c’è già un precedente di cosa significhi la destra, in particolare Fratelli d’Italia, al potere. «Giorgia Meloni vuole incarnare il compito di madre della nazione e assicurare il valore sociale della maternità in un paese dove l’accesso all’aborto è fortemente ostacolato dall’obiezione di coscienza che tocca punte del 90%, seguendo il modello Marche», scrive Non Una di Meno nel comunicato con cui indice il corteo di domani che si svolgerà in 20 città italiane.

Il primo corteo dell’era Meloni è per difendere l’aborto

La manifestazione, la prima dopo le elezioni di domenica, a Bologna partirà alle 18.00 da piazza dell’Unità e rientra in “Abortembre“, il mese di mobilitazione in favore del diritto all’interruzione volontaria di gravidanza.
«In questo nuovo assetto politico – si legge ancora nel comunicato – l’Italia si schiera dalla parte del flusso reazionario che coinvolge paesi come gli Stati Uniti, Ungheria, Polonia e Malta, dove l’aborto è sotto attacco. Gli attacchi e le restrizioni al diritto di aborto sono al centro delle agende conservatrici a livello globale: queste politiche vogliono rafforzare il controllo sui corpi delle donne e delle persone con capacità gestante e vogliono imporre alle donne la maternità come destino».

«Probabilmente Giorgia Meloni, come ha dichiarato, non abrogherà la legge 194, ma finanzierà le associazioni Pro Life invece dei consultori – osserva ai nostri microfoni Giorgia Pagano di Non Una di Meno Bologna – Ci sono regioni in Italia in cui l’accesso all’aborto non è garantito perché gli obiettori di coscienza sono il 100%. A livello nazionale sono il 70% e la stessa percentuale la troviamo anche al Sant’Orsola di Bologna».
Oltre a non essere cancellata, dunque, la legge 194 per femministe e transfemministe dovrebbe contemplare meglio il diritto all’autodeterminazione delle donne.

Non Una di Meno scende dunque in piazza «con la consapevolezza che questa sarà la prima di una lunga serie di battaglie perché gli attacchi espliciti alle donne, alle persone Lgbtqia+ e alle persone migranti si intensificheranno nei prossimi mesi». Accanto al tema dell’aborto, infatti, il movimento transfemminista evidenzia lo scenario di guerra, crisi economica ed ambientale in cui i corpi delle donne e delle persone Lgbtqia+ sono e saranno campo di battaglia.
«Siamo furiosɜ perché perché l’attacco all’aborto si rafforza in un momento di crisi economica e sociale. Siamo furiosɜ perché la nostra libertà di scelta è messa sotto attacco. Siamo furiosɜ per questo il 28 sarà la prima tappa di una lotta che non si arresta. Risale la marea», è la promessa di Non Una di Meno.

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