L’8 marzo porta con sé riflessioni riguardanti la condizione lavorativa delle donne durante l’ultimo anno di pandemia. In occasione del lancio della quinta edizione del premio “Tina Anselmi”, l’Unione delle Donne Italiane, tradizionalmente impegnata al fianco delle organizzazioni sindacali Cgil-Cisl-Uil per i diritti delle donne, ha posto all’attenzione della cittadinanza e delle istituzioni la necessità di una rinnovata riflessione femminile sul lavoro.
La nuova edizione del premio “Tina Anselmi”
Il premio “Tina Anselmi”, infatti, ha il fine di riconoscere l’importanza delle donne che si sono distinte nel lavoro nell’area metropolitana bolognese, contribuendo in campi lavorativi diversi e talora caratterizzati da una scarsa partecipazione femminile. In particolare quest’anno, il premio metterà in luce i contributi essenziali delle lavoratrici durante la fase emergenziale provocata dalla pandemia di Covid-19.
Durante la pandemia le difficoltà lavorative delle donne sono emerse in tutte le loro fragilità. L’apertura dell’edizione 2021 del Premio Tina Anselmi ha posto in primo piano le contraddizioni irrisolte della condizione lavorativa femminile.
Vi è una profonda consapevolezza, sostenuta dai dati statistici, che gli effetti della pandemia stanno penalizzando significativamente le donne, riducendone le possibilità di guadagno, acuendone la precarietà e aggravando la diseguale ripartizione dei compiti di cura all’interno delle famiglie. «Sono soprattutto le donne fra 35 e 39anni a prendersi cura dei figli. Questo dato non emerge per quanto riguarda la parte maschile», ha sostenuto il vicepresidente del Consiglio comunale Marco Piazza. Una situazione messa ulteriormente in difficoltà dalla crisi pandemica, «dove il lavoro viene perso dal 70% da donne che si occupano soprattutto della famiglia».
All’interno di un contesto di crisi dove non viene riconosciuto adeguatamente il contributo delle donne, corrisponde un’assenza di servizi nei confronti di queste ultime e delle loro famiglie. Come ha sostenuto la presidente del Consiglio comunale, Luisa Guidone: «Ancora una volta sono state chiuse le scuole primarie senza avere pronti degli strumenti che consentano alle donne di svolgere il proprio lavoro. L’emancipazione femminile passa necessariamente attraverso il supporto di uno stato».
La forza dell’iniziativa dell’Unione delle Donne Italiane sta nel riconoscimento di quelle donne che, impegnate in settori essenziali, hanno continuato a lavorare nei momenti più difficili della pandemia, garantendo con il loro lavoro il funzionamento del sistema, esponendosi in prima persona al rischio di contagio. «/“Lo vediamo dalle donne che arrivano i nostri sportelli. Abbiamo percepito difficoltà enormi – ha spiegato Katia Graziosi, presidente dell’Udi di Bologna – Le donne sono tenaci, resistenti, non si rassegnano, ma ci sono carenze strutturali dove non si riesce a dare una risposta. Bisogna cominciare a individuare le risposte da dare e quello che occorre fare».
Vittoria Torsello
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