Mancato l’obiettivo del quorum al referendum sulle trivelle, Renzi infierisce sugli sconfitti, arrogandosi una vittoria che fa leva sull’astensionismo ormai cronico, accusando gli avversari di uno spreco di soldi pubblici e non dicendo che ha rifiutato l’accorpamento, attaccando le regioni e usando la retorica. Ma i numeri reali del consenso dicono ben altro.
Se lo aspettavano tutti. Era facile prevedere che, qualora non si fosse raggiunto il quorum al referendum sulle trivellazioni di ieri, il premier Matteo Renzi, con l’infantilismo e l’arroganza che contraddistingue la sua comunicazione, si sarebbe arrogato una vittoria fondata sull’astensionismo e avrebbe irriso e infierito sugli avversari.
E così è stato: in conferenza stampa, il presidente del Consiglio è andato giù duro contro i governatori di Regione che hanno voluto il referendum. “Gli sconfitti sono quei pochi, pochissimi consiglieri regionali e qualche presidente di Regione che ha voluto cavalcare un referendum per esigenze personali politiche”, ha detto Renzi.
A loro rinfaccia esplicitamente lo spreco di risorse pubbliche, quei 300 milioni necessari per la consultazione che, secondo la versione renziana della realtà, sarebbero potuti servire per “acquistare 350 nuove carrozze per il trasporto dei pendolari”.
Nell’altra versione della realtà, è il governo che lui presiede ad aver rifiutato l’accorpamento con le elezioni amministrative, che avrebbe comportato un bel risparmio.
La retorica del primo ministro, però, non si è fermata qui ed è andata ad evocare la presunta vittoria dei lavoratori degli impianti petroliferi, quelli che comunque non avrebbero perso il posto di lavoro.
Più in generale, sempre secondo copione, Renzi trionfa come se l’alta quota di astensione – ormai cronica in Italia, come dimostrano tutti i risultati delle consultazioni degli ultimi anni – corrispondesse alla cifra del suo consenso.
Da questo punto di vista è interessante andare a verificare i dati reali e scoprire la concreta entità del consenso renziano, paragonato al numero di elettori che ieri si sono recati alle urne e hanno fatto una croce sul “Sì”.
Al referendum di ieri ha partecipato il 32,15% degli aventi diritto, ben al di sotto del quorum necessario, ma con numeri interessanti. I cittadini che hanno votato “Sì”, infatti, sono stati 13.334.762.
Alle elezioni europee, in cui Renzi si vantò di aver preso il 40% dei consensi, votò il 57,22% degli aventi diritto e il Pd prese 11.203.231 voti. Un milione e centotrentun mila voti in meno del popolo del “Sì”.
Non va certo meglio al suo fedelissimo Stefano Bonaccini, presidente della Regione Emilia Romagna, che ha foraggiato l’astensione al referendum. All’elezione da cui risultò vincitore, uno shock per una delle regioni che da sempre registra i maggiori dati di affluenza d’Italia, prese parte solo il 37,7% degli aventi diritto. Una percentuale simile a quanti emiliano romagnoli sono andati ieri a votare: il 34,27%.
Bonaccini prese 615.723 preferenze. Il “Sì”, ieri, ben 300mila in più: 901.088.