A due anni di distanza e a soli due mesi dalle elezioni europee in cui cerca la riconferma alla guida della Commissione europea, Ursula von der Leyen finisce nuovamente sotto i riflettori per i messaggini scambiati con l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, in merito alle forniture di vaccini anti-Covid.
Lo scandalo, scoppiato nel gennaio del 2022, è stato definito in diversi modi: “sms-gate”, “Pfizer-gate” o “delete-gate”, quest’ultimo perché dalla Commissione presieduta da von der Leyen arrivò un rifiuto alla diffusione del contenuto dei messaggi nonostante l’accesso agli atti di giornalisti ed eurodeputati.

Pfizer-gate, l’indagine su Ursula von der Leyen a due mesi dalle elezioni europee

Il “Pfizer-gate” è tornato sotto i riflettori a due mesi dalle elezioni europee, evidenziando i messaggi scambiati tra la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer, Albert Bourla, durante i negoziati per gli acquisti dei vaccini anti-Covid. L’accordo da circa 20 miliardi di euro ha reso il vaccino Pfizer-BioNTech il più distribuito nell’Unione Europea dopo che AstraZeneca aveva fallito negli impegni di consegna.
L’inchiesta condotta dalla Procura europea Eppo, che persegue i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Ue, si è concentrata sul presunto comportamento di von der Leyen, inclusa l’interferenza nelle funzioni pubbliche, la distruzione di messaggi, la corruzione e il conflitto di interessi. Anche se nessuno è stato ancora accusato, l’Eppo sta indagando su questi presunti reati.

L’indagine è iniziata con un’inchiesta delle autorità giudiziarie belghe di Liegi nel 2023, dopo una denuncia penale presentata da un lobbista locale. Successivamente, Ungheria e Polonia si sono unite all’inchiesta, ma il governo polacco ha annunciato il ritiro della denuncia dopo un cambio politico.
Il New York Times aveva sollevato il caso, rivelando la “diplomazia personale” di von der Leyen nei negoziati con Pfizer-BioNTech. I messaggi scambiati tra von der Leyen e Bourla non sono stati resi pubblici, portando il New York Times a citare von der Leyen davanti alla Corte di giustizia dell’Ue per la mancata pubblicazione dei messaggi.

«Lo scandalo è esploso anche perché c’erano due variabili da negoziare per quell’accordo – sottolinea ai nostri microfoni Francesca De Benedetti, giornalista di Domani – Una era il numero delle dosi e sappiamo dal numero di dosi che è andato poi distrutto che effettivamente è stato ordinato un surplus di dosi. L’altra variabile era il prezzo. Già nell’aprile 2021 denunciavo il fatto che Pfizer poteva contare su prezzi più alti, addirittura il 25% in più».
La questione, quindi, ha interessato anche la Corte dei Conti europea, perché l’ipotesi è che questo accordo non tutelasse l’interesse dei cittadini europei, ma quelli di Big Pharma. Non a caso l’Europa si è opposta alla liberalizzazione dei brevetti.

Ora, a due mesi dalle elezioni europee, l’inchiesta che riguarda Ursula von der Leyen può essere utilizzata anche dai suoi detrattori, non solo quelli apertamente rivali.
«Noi sappiamo che il presidente francese Macron sta un po’ tirando la corda sul nome di von der Leyen – sottolinea De Benedetti – perché vuole negoziare al rialzo. Sappiamo che c’è una parte del Ppe, la famiglia politica di von der Leyen, che la sta strattondando e non ne ha confermato la nomina».

ASCOLTA L’INTERVISTA A FRANCESCA DE BENEDETTI: