La Rete Emergenza Climatica e Ambientale dell’Emilia-Romagna (Reca), che riunisce 76 associazioni e comitati ambientalisti, ha presentato un documento in risposta a quello firmato dalla Regione Emilia-Romagna il 15 dicembre 2020. Il nuovo documento, presente in formato pdf – per motivi di sostenibilità ambientale – sul sito pattoperilclimaeperillavoro.it non vuole essere un’opposizione al lavoro fatto dalla giunta, bensì un’integrazione dal basso, ossia da quella parte di società civile che non è stata presa in considerazione per la stesura, oltre che un completamento degli obiettivi e delle modalità di attuazione degli stessi che, a detta di Reca, difetterebbero il lavoro svolto per la transizione ecologica necessaria al territorio.

Patto per il Clima e per il Lavoro e non Patto per il Lavoro e per il Clima

La prima cosa che salterà all’occhio dell’attento osservatore dei due testi è l’inversione dei termini: infatti, il Patto per il Lavoro e per il Clima diventa, per Reca, il Patto per il Clima e per il Lavoro.
Come spiega la responsabile alla comunicazione della Rete, Simona Larghetti, «l’inversione non è solo una questione formale, perché noi crediamo che il lavoro debba essere parte integrante delle operazioni necessarie alle transizione ecologica. Senza la salute non può esserci il lavoro». A dimostrazione di questa frase è senz’altro la situazione pandemica che stiamo tutt’ora vivendo, dettata anche da scelte ambientali errate, sia a livello mondiale che locale.

Scritto e firmato dalle settantasei associazioni che la compongono, e revisionato dal suo comitato tecnico-scientifico – composto da personalità accademiche e professionali – il nuovo patto non vuole essere un documento politico; anzi, il suo scopo è di essere un’ispirazione per le classi politiche presenti e future a operare le scelte in modo funzionale al benessere della comunità, tenendo al contempo informata la cittadinanza sulle esigenze da portare a compimento nel medio e lungo termine.

In particolare il Patto per il Clima e il Lavoro riporta dieci temi con altrettanti obiettivi precisi: l’uso sostenibile delle risorse allo scopo di creare un’economia circolare, la transizione e l’autonomia energetica, lo stop al consumo del suolo e la rigenerazione urbana, la tutela e la preservazione dell’acqua attraverso la ripubblicizzazione del servizio idrico, l’agricoltura e la zootecnia, la qualità dell’aria, la mobilità, il turismo, la biodiversità e la riforestazione, la salute pubblica.

Il documento, individuati gli obiettivi e gli elementi specifici in cui ci si deve impegnare, sottolinea anche gli strumenti con cui attuarli, andando a colmare così una grave lacuna che Reca aveva notato nel Patto per il Lavoro e il Clima della Regione, e che aveva portato le associazioni che la compongono, votando in modo compatto, a non sottoscriverlo.
Il motivo del rifiuto è da ricercarsi negli obiettivi e nelle risorse che la giunta, assieme ai 51 soggetti che hanno partecipato alla stesura del documento, aveva deciso di mettere in campo, e che sono stati ritenuti insufficienti al compimento della svolta necessaria.

Il documento è composto da 94 pagine, ma ciò non deve spaventare, poiché la Rete si è ben prodigata a dividerlo in due parti, in modo che sia usufruibile da tutti: nella prima è appunto inserito il nuovo Patto, con gli obiettivi e gli strumenti di cui sopra, definiti nella sua completezza; la seconda riguarda invece il Patto della Regione Emilia-Romagna, con gli emendamenti segnati dalle associazioni per renderlo veramente funzionale al benessere cittadino. «Questo perché – ci ricorda Larghetti – non vogliamo che passi il messaggio che Reca si sia messo di traverso alla Regione. Vogliamo altresì rimanere collaborativi, anche qualora gli emendamenti non siano accettati, ma restituendo al contempo il merito di quel lavoro svolto dalle associazioni».

Luca Meneghini

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