Falso che la pausa italiana sia la più lunga: in Francia ci sono 4 mesi di vacanze durante l’anno. Con la disoccupazione giovanile al 44% e tassi di dispersione scolastica al 17, La dichiarazione di Poletti ufficializza la previsione già inserita nella “Buona Scuola”, che apre definitivamente all’alternanza scuola-lavoro.
Tre mesi di vacanze estive per gli studenti? Per il ministro Poletti sono decisamente troppi. “Un mese, un mese e mezzo va bene”. E il resto? “Vai un mese a fare la formazione, in un ufficio o in un’azienda”. Quale sia la “formazione” a cui si appella, il ministro non lo specifica, ma il messaggio risulta comunque abbastanza chiaro.
L’ex capo delle cooperative, in un incontro promosso ieri dalla Regione Toscana, ha finalmente sdoganato la necessità che il Paese si doti di un solido sistema di alternanza studio-lavoro. Il primo passo da fare, quindi, è ridurre le vacanze scolastiche nella bella stagione per riservarne una parte alla “formazione”.
Quale sia la formazione che ha in mente Poletti è presto detto. Per restare fedeli alla semantica e al senso proprio delle parole, la formazione di polettiana concezione si chiama lavoro. Di più: lavoro non retribuito. “Stiamo parlando di percorsi che nascono con l’obiettivo di collegare il mondo dell’istruzione e quello del lavoro che di fatto, però, non obbligano le aziende a un’assunzione ex post, non prevedono il versamento di contributi, e pongono quindi i soggetti in una posizione di totale ricattabilità – afferma Livia del collettivo Hobo e studiosa di grande distribuzione organizzata – Non è formazione, ma vero e proprio sfruttamento“.
La strategia del governo è nota: già i decreti attuativi del Jobs act avevano dequalificato l’apprendistato con quote di lavoro sottoretribuito e un sistema di verifica della qualità delle mansioni previste dall’apprendistato stesso praticamente assente.
Se non bastasse, la “Buona Scuola” di Renzi e Giannini ha introdotto attività di stage durante i periodi di sospensione dell’attività scolastica. “È emblematico come il ministro Giannini abbia sottolineato come le dichiarazioni di Poletti non si allontanino più di tanto dalle previsioni del decreto sulla Buona Scuola – continua Livia – Si sta cercando, a livello politico, non di fare pressioni sulle aziende affinchè assumano, ma affinchè le condizioni di lavoro siano sempre più dequalificate e precarie”.
A Expo, intanto, sono già pronti a fornire la propria forza lavoro, in maniera totalmente gratutita – in virtù di un accordo sottoscritto dai sindacati -, oltre 18mila e 500 volontari, “che daranno il loro contributo lavorativo e cognitivo in maniera completamente gratuita”.
Quale sia, poi, la condizione dell’istruzione italiana, è noto a chiunque in una scuola ci sia entrato almeno una volta. Ed è noto anche alle istituzioni, che non hanno mancato di di diffondere i dati relativi ai fondi destinati a contrastare la dispersione scolastica. Si apprende così che in cinque anni, dal 2009/2010 al 2014/2015, quei fondi sono passati da 53 milioni a 18 milioni di euro all’anno, riducendosi di circa due terzi. Il tutto a fronte di tassi di dispersione scolastica che, secondo Eurostat, si attestano al 17%, tra i più alti in Europa.
Il ministro Poletti, però, è sicuro. Anche i suoi figli, dice, “sono sempre andati per un mese al magazzino generale a spostare le casse della frutta”, eppure, assicura “sono venuti su normali”.
“Negli ultimi anni non c’è crescita dal punto di vista occupazionale, c’è semplicemente un aumento spropositato di situazioni di precarietà. Evidentemente non è questa la strada per dare spinta all’occupazione”, ragiona Livia.
Con la disoccupazione giovanile che sfiora il 50%, con picchi allarmanti nel meridione e i numeri dell’emigrazione in continua crescita, i giovani studenti costretti a lavorare – non solo in estate – e studiare sono già in numero consistente. Con contratti irregolari, sottopagati, magari in nero.
Anche loro provano a “venire su normali”. A non sembrare normale pare invece in tentativo di Poletti di allargare agli studenti medi prassi che – oramai ampiamente – coinvolgono gli universitari con stage, tirocini, e altre forme esteticamente presentabili di quello che, propriamente, si chiama lavoro. E che, più opportunamente, prende gli appellattivi “dequalificato” e “non retribuito”.
LE LUNGHE VACANZE FRANCESI. Per analizzare meglio le parole del ministro Poletti è interessante andare a vedere come funziona negli altri Paesi europei. Il caso più eclatante è forse quello dei nostri cugini d’Oltralpe, dove i mesi di vacanza durante l’interno anno sono addirittura quattro. “Le vacanze estive durano effettivamente un mese in meno, da luglio fino a settembre – racconta ai nostri microfoni Francesca Zan, docente di italiano in una scuola di Lione – ma durante l’anno scolastico ci sono quattro pause di due settimane ciascuna, dal momento che non si possono fare più di sette settimane consecutive di lezione”.
Pause programmate e cicliche che consentono a tutti, insegnanti e studenti, di riposarsi e ripartire con maggiore energia.
Fino a quest’anno, inoltre, la settimana scolastica francese era spezzata da un giorno, il mercoledì, in cui non si andava a scuola, mentre le lezioni finivano e finiscono tuttora nella giornata di venerdì, perché il sabato le aule rimangono vuote.
“Da quest’anno le regole sono cambiate – spiega Zan – e si è deciso di spalmare le lezioni in modo più omogeneo durante la settimana, mantenendo fisso il monte ore totale”. Meno giornate da otto ore di lezione, dunque, e nessuno stop infrasettimale.
Quanto al tema del lavoro, addotto da Poletti come una delle motivazioni per giustificare il taglio delle vacanze estive, in Francia le opportunità di avvicinamento con il mondo produttivo si registrano durante l’anno scolastico. “Alle medie, durante il quarto anno (perché in Francia le medie durano 4 anni) è prevista una settimana di stage obbligatorio in una struttura che scelgono i ragazzi – racconta Zan – sia essa un’azienda, un’associazione o un’istituzione, mentre durante il liceo, a seconda della filiera che i ragazzi scelgono, ci sono diversi momenti, sempre durante l’anno scolastico. Ad esempio il professionale prevede parecchi mesi di stage durante l’anno, ma nessun liceo dà indicazioni o vincoli su come impiegare il tempo libero durante le vacanze.
Alessandro Canella, Alessandro Albana