Il blue grass del gruppo del saxofonista scalda la platea del teatro friulano
Il set di Bill Evans e il suo funkeggiante ritmo insegna come il fare orchestra spettacolo non significhi necessariamente scadere nel banale e nella volgarità musicale. Questi figli dei Blues Brother mettono infatti in scena un sound impastato con forti sapori da Rythm and Blues (notevolissima la voce del batterista Josh Dion), momenti più connessi al fraseggio jazzistico (al tenore sicuramente Evans ha studiato la grande lezione di Rollins), situazioni da cajun music: il tutto montato sapientemente in una sequenza di passaggi concertistici tali da divertire il pubblico per tutto un concerto durato più di due ore. Da manuale il bassista Frank Gravis, ovviamente possente e dal volto allegro, con la profonda cavata growl, così puntuale risulta essere il chitarrista Mitch Stein con i suoi malinconici assoli fatti di crescenti drammatici quasi alla Led Zeppelin.
Decisivo l’apporto del banjo elettrico di Ryan Cavanaugh non solo per la assoluta padronanza dello strumento, cosa comune anche agli altri suoi partner, ma anche per quel retrogusto di grass che in qualche modo unisce i tutti brani presentati e contrassegna il marchio di fabbrica della combo. Notevole un duo tenore-banjo fatto di un interplay in crescendo tra i due musicisti che ci ha riportato inevitabilmente alla mente il mitico attacco counthry di Un Tranquillo Week End di Paura.
Ascoltando la musica di Bill Evans ci sentiamo quasi rider sulle lunghe strade della coast to coast americana, in viaggio come novelli John Belushi in grandi spazi sonori.
Garantito il successo e gli applausi del pubblico, che prima di uscire dal teatro si vuole a tutti i costi assicurare un autografo di Evans sul suo ultimo cd.
Domani si riprende con un programma densissimo, con musiche totalmente differenti, a dimostrazione che le strade della creatività sono infinite.