In piazza del Popolo a Roma il sit-in della Fiom contro le ricette di Marchionne e l’articolo 8 della finanziaria. Cremaschi: “Marchionne sa fare tutto tranne che produrre auto che vendano”.

In una capitale devastata dal nubifragio di ieri, oggi scendono in piazza i metalmeccanici della Fiom, che protestano contro le politiche industriali di Fiat e Fincantieri.

La manifestazione si svolge nella modalità sit-in, dopo l’ordinanza del sindaco Alemanno che ha vietato i cortei per ragioni di sicurezza in seguito agli scontri di sabato scorso.”Le misure di Alemanno e Maroni sono solo pretesti per registringere le libertà individuali – afferma Giorgio Cremaschi, presidente del Comitato Centrale della Fiom – Il sindaco di Roma aspettava da tempo di poter applicare una misura del genere”. Il sindacalista evidenzia anche come non si risolva il problema delle manifestazioni vietandole, ma dando una risposta ai problemi per cui le proteste sono nate.

Al centro dello sciopero, però, ci sono altre questioni, in particolare l’operato di Fiat e Fincantieri. Le due imprese, differenti nella produzione, secondo Cremaschi sono accomunate dalla linea della dirigenza: “pensare di risolvere la crisi semplicemente tagliando il personale e dicendo a quello che resta di lavorare anche al posto di quelli che se ne sono andati”.

La fuoriuscita da Confindustria delle due aziende ha smantellato nella pratica ciò che il governo di centrodestra non è riuscito a fare formalmente. Il nuovo modello di relazioni industriali, infatti, porta all’abbandono della contrattazione nazionale e alla concreta riduzione dei diritti dei lavoratori.

Il presidente del Comitato Centrale della Fiom, poi, se la prende anche con la stampa che non dice una lapalissiana verità: Fiat continua a perdere terreno. “Marchionne è capace di fare tutto – afferma Cremaschi – tranne che fare macchine che si vendono”.Le ragioni delle difficoltà dell’azienda automobilistica, infatti, non starebbero nel costo del lavoro o là dove l’amministratore delegato individua i problemi, ma nell’incapacità dell’azienda di stare al passo con gli standard tecnologici ed ecologici delle altre case automobilistiche.