Tante le accuse ai fumetti: le strips come portatrici di degrado e violenza, anticultura che allontana i giovani dalla grande letteratura, storie di violenza ed evasione sociale.  Infuriando nei decenni negli USA ed in Europa, questo clima contagiò anche la sinistra italiana nel dopo guerra. Un processo costruito su luoghi comuni e pregiudizi.

Fumetti: quando Nilde Iotti andò contro le strips

E’ storia nota quella che racconta di molti vertici importanti del PCI degli anni ’50 schierati pubblicamente contro il Pioniere, giornalino a fumetti dello stesso partito. Non solo  Nilde Iotti, ma anche dirigenti come Giancarlo Paietta non vedevano certo di buon occhio questa nuova forma di racconto per ragazzi. Nella trasmissione, dopo un’introduzione dello storico dell’università di Macerata Juri Meda, riascolteremo il carteggio tra la senatrice Iotti e Gianni Rodari sull’opportunità o meno del racconto a strips.

Ma se nel Pci si aggiungeva una forte carica polemica legata all’antiamericanismo tipico della guerra fredda, in realtà tutte le ostilità verso il fumetto erano molto più antiche ed affondavano le radici nella stessa patria dei fumetti, gli Usa.

Nelle scuole yankees si vedevano processioni di ragazzini che, recitando litanie religiose, buttavano i giornalini nei roghi purificatori. In televisione popolari psicanalisti  ipotizzavano come Batman e Robin fossero gay: ” …  Hitler, a confronto dell’indusria dei fumetti, era un principiante!…”, si leggeva in serissime riviste americane.

Ancora una volta ritroviamo la vecchia triade “sesso droga e rock&roll”, quella che che travia la gioventù onesta americana.

Non tanto meglio anche la Francia, patria dell’illuminismo, che nel  ’49 decretò un comitato di controllo, leggi censura, per i giornaletti a strips, dove ai pregiudizi classici si aggiungevano anche misure di grand heur in difesa del fumetto transalpino, un organismo che, sebbene dormiente, ancora oggi è vigente, come ci racconta nella intervista la ricercatrice Patrizia D’Antonio.

A dire il vero quelle severe obiezioni della allora Nilde Iotti, che oggi forse fanno anche un po’sorridere, non sono poi così lontane nella sostanza da molte delleda attuali accuse rivolte  ai video games, colpevoli anch’essi di portare cattivi esempi, con violenza, sesso probito, nefasta influenza, e  bla bla bla…

Certamente esistono bei video giochi come anche terribili video giochi, così come si trovano in commercio  bei film o pessimi film, bei libri o bruttissimi libri, ecc, ecc.

Per orientarci un po’ meglio tra una schermata e l’altra, ascoltiamo la difesa della categoria  di Alfredo Tomesani, giovane curatore per la nostra emittente di una rubrica proprio sui video games.

Ascolta la trasmissione