In udienza conoscitiva a Bologna il punto della situazione sui mercati contadini presenti in città. Campi Aperti lamenta troppa burocrazia. Il Comune ha scontato l’occupazione di suolo pubblico. Consenso bipartisan su un modello produttivo e distributivo che cambia il paradigma. Bologna potrebbe seguire l’esempio di Milano dando vita ad un Food Council, una consulta del cibo.
Mercati contadini: quale futuro?
Un Food Council metropolitano e un codice etico per i mercati contadini. Bologna potrebbe seguire l’esempio di Milano e dare vita ad una consulta del cibo, allo scopo di premiare quei modelli virtuosi e strategici, che producono un cambio di paradigma nella direzione della sostenibilità ambientale e alimentare. L’idea è emersa durante una commissione consigliare a Palazzo D’Accursio, che ha ospitato un’udienza conoscitiva sui mercati contadini presenti in città.
A chiedere l’incontro è stata Campi Aperti, l’associazione di piccoli produttori contadini che dà vita a otto mercati settimanali a Bologna.
Le preoccupazioni espresse dai contadini riguardano essenzialmente la burocrazia: troppa, confusa e con poche certezze per consentire alle aziende di fare una programmazione. Programmazione che non riguarda solo la vendita diretta, unanimemente considerata un modello virtuoso per aspetti come l’ecologia, la salubrità dei prodotti, la riduzione degli sprechi e dei rifiuti, ma che concerne soprattutto la produzione agricola.
“I tempi della campagna non sono gli stessi della burocrazia”, sintetizza la presidente di Campi Aperti, Elena Hogan, che per spiegare i problemi incontrati cita l’esempio del mercato contadino di piazzetta San Rocco, al Pratello.
“Per riuscire a farlo ci sono voluti due anni di progettualità e pratiche burocratiche – racconta Hogan – E dovevamo essere noi a sincerarci che le diverse pratiche andassero avanti”.
Il risultato è stato un patto di collaborazione di appena tre mesi, prorogato per altri tre mesi, che scadrà il prossimo 31 marzo, quando il mercato sarà messo a bando, mettendo in competizione diverse realtà di piccoli produttori.
Un passo avanti consistente, però, il Comune di Bologna lo ha fatto con il Bilancio approvato a dicembre scorso. Tra le misure fiscali previste, infatti, c’è una consistente riduzione di quanto richiesto ai mercati contadini per l’occupazione di suolo pubblico. Uno sconto che è anche una forma di riconoscimento del modello economico e sociale diverso che i mercati contadini rappresentano e che gli stessi hanno molto apprezzato.
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Come fare, allora, per superare gli altri ostacoli che i piccoli produttori agricoli lamentano? Per l’assessore al Bilancio Davide Conte le misure sono due.
Da un lato portare la questione in un’assise più ampia, quella della Città Metropolitana, dal momento che la quasi totalità dei produttori che fanno vendita diretta a Bologna città, in realtà producono i propri ortaggi in territori della provincia.
Un tavolo, insomma, che sia almeno provinciale e che per qualcuno potrebbe assomigliare a ciò che accade a Milano, città che ha dato vita ad un Food Council, una consulta del cibo che ragiona in modo strategico sul tema dell’alimentazione e del suo approvigionamento.
Dall’altro Conte vorrebbe arrivare alla definizione di un codice etico che chiarisca in modo ufficiale cos’è un mercato contadino. Una questione che non è solo nominale, ma riguarda molto le pratiche, anzitutto la sostenibilità ambientale, sociale ed economica di questa forma di produzione e vendita.
“L’idea potrebbe essere interessante, se viene data voce ai diretti interessati, i produttori – commenta Hogan – Se invece la discussione viene delegata solo alle associazioni di categoria e ai governi locali, il rischio è che sia un contenitore poco efficace”.