Il forte rincaro delle fonti energetiche fossili che si sta registrando in tutto il mondo sta provocando seri contraccolpi alla produzione, con alcune fabbriche costrette a chiudere a causa dell’insostenibilità dei costi energetici, ma può avere degli effetti negativi anche sulla transizione ecologica contenuta nel Green Deal dell’Unione Europea.
Ne abbiamo parlato con Francesco Sassi, ricercatore all’Università di Pisa.

L’aumento dei prezzi energetici da fonti fossili e i rischi per la transizione ecologica

Innanzitutto, puoi raccontarci perché si stanno registrando questi forti rincari energetici?

«I rincari sono il frutto di una contingenza davvero molto ampia di eventi che si stanno susseguendo nel corso degli ultimi mesi a partire dalla pandemia. Se il 2020 è stato l’anno della crisi dell’industria energetica globale, in cui le fonti fossili sono state colpite molto duramente, il 2021 è l’anno del ritorno alla crescita di tante economie mondiali, a partire dalla Cina, per poi passare all’Europa e agli Usa, che trainano i consumi energetici. Le grandi quantità di denaro che i governi stanno mettendo per far ripartire l’economia stanno generando tanta domanda di fonti energetiche.
Di conseguenza le fonti fossili hanno subito un grosso rimbalzo: se il 2020 aveva registrato un calo della loro domanda, il 2021 ne registra un aumento e un incapacità dell’industria energetica globale di rispondere a queste domande nell’immediatezza».

Questo aumento della domanda potrebbe provocare anche dei blackout?

“I blackout saranno l’ultima possibilità che i governi si daranno per dare una risposta questa crisi.
Quello che già vediamo in Europa è la difficoltà di alcuni settori a continuare a produrre con questi costi energetici, specialmente il gas naturale, i cui prezzi sono decuplicati in appena dodici mesi, mettendo in difficoltà molti settori, molte industrie a livello globale. In Europa ci sono state le prime fabbriche che hanno chiuso, come nel Regno Unito, che si trova già in crisi per la Brexit, ma anche in Olanda, Germania, Italia.

In un articolo sul Fatto Quotidiano dici che questo problema potrebbe inficiare o rallentare anche la transizione ecologica decisa dalla commissione europea

«Certo, questa Commissione europea in particolare ha puntato tantissimo sul Green Deal e sulla transizione energetica verso fonti rinnovabili. È quindi uno dei primi obbiettivi dei prossimi anni.
La situazione attuale è, secondo le autorità della stessa Commissione, un campanello di allarme che
deve convincere tutti quanti a velocizzare la transizione. Lo stesso Frans Timmermans, responsabile del clima all’interno della Commissione, ha sottolineato come questa contingenza sia un segnale della necessità di implementare il pacchetto della Commissione europea che prevede la riduzione del 55 % delle emissioni entro il 2030.
D’altra parte i governi si trovano davanti a prezzi crescenti, difficoltà economiche e malumori interni legati sia alla pandemia che a situazioni pregresse, con la conseguenza che ogni governo cerca di affrontare la situazione come meglio può. I paesi che hanno una forte dipendenza dal carbone come nell’Europa dell’est hanno, ad esempio, aumentato i consumi, cosa che non succede solo nell’est ma anche in Germania, dove il carbone per diverse settimane è stato più conveniente del gas naturale. Questo va contro sia gli annunci della cancelliera Angela Merkel, sia contro gli obbiettivi della prossima coalizione guidata dall’Spd, sia contro gli obbiettivi della Commissione europea. Questa situazione potrebbe continuare per altre settimane, per alcuni mesi, portando il consumo del carbone in crescita, dopo molti anni in cui il suo consumo era in declino ovunque al di fuori della Cina e dell’India.
Il passaggio al consumo del carbone segna la gravità della situazione in cui ci troviamo e della difficoltà dei Paesi a portare avanti la transizione energetica».

ASCOLTAL’INTERVISTA A FRANCESCO SASSI: