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I ragazzi di piazza Tahrir (Clueb), racconta delle vicende del 25 Gennaio egiziano. Ragazzi e ragazze decidono di scendere in piazza e dare vita ad una rivoluzione: rivendicano insieme quei diritti e libertà negati, soverchiando così il faraone-presidente Mubarak considerato fino a quel giorno intramontabile. Azzurra Meringolo si trovava tra loro e attraverso il libro e il suo omonimo blog riesce a farci vivere quei momenti e spiegarci chi sono quei ragazzi, in che modo il web e i social network sono serviti da canale per organizzare le proteste, che ruolo hanno avuto le donne, quali sono ora le dinamiche politiche interne al paese, tra elezioni libere e avvicendamenti al potere, e come gli altri paesi, arabi e occidentali, possono incidere sul cambiamento in atto e sulle altre rivoluzioni arabe.
IL LIBRO. Erano anni che seguivo da vicino quello che accadeva in Egitto soprattutto servendomi della sfera virtuale tramite la quale riuscivo a ritrovare tracce più sincere dell’opposizione che non riusciva ad esprimersi nei media ufficiali. Ho iniziato a contattare dei blogger che avevano molte difficoltà a parlare e a farsi riconoscere dietro al loro nikname. Dopo la prima intervista sono stata condotta in questo substrato interno della società giovane egiziana che passo dopo passo mi ha portata a conoscere tutti gli aspetti che non riuscivo a vedere alla luce del sole.
RUOLO DELLA RETE. Ci sono stati dei momenti in cui la rivoluzione è stata definita “del Web 2.0”. In realtà non è stata esclusivamente del web ma è iniziata da giovani che si sono serviti del web. I dissidenti erano online già dal 2004/05. Un ruolo centrale hanno avuto i social network come Facebook e Twitter, ciò è stato permesso dall’esistenza del traffico virtuale che c’era con gli altri popoli arabi e tunisini insorti prima dell’Egitto.
STORIA DI UN BLOGGER DELLA RIVOLUZIONE. La blogosfera egiziana non è omogenea, ci sono tanti diversi soggetti a partire dalle donne per arrivare ai ragazzi e a tutti i membri che sono stati esclusi durante il regime Hossam el Hamalawy (sarà premiato al Festival di Internazionale) ha un blog molto dettagliato nel quale cerca di mettere in luce quelli che sono i problemi non solo politici ma anche sociali, dimostrando una sensibilità particolare per operai e categorie deboli.
LE DONNE. In prima linea anche durante le manifestazioni più violente hanno affrontato i lacrimogeni dei poliziotti che le venivano incontro. Si sono prese un ruolo all’interno della rivoluzione. Durante i diciotto giorni di piazza Tahrir, al contrario di quanto ci si potesse immaginare, non sono state vittime di violenze, avvenute però subito dopo, per l’otto Marzo, quando hanno organizzato una marcia e sono state accolte molto male da alcuni uomini, tanto che i militari hanno imposto ad alcune di loro l’utilizzo di test di verginità. Bisogna ancora vedere quale sarà il loro spazio futuro.
POLITICA INTERNA OGGI. Bisogna avere pazienza con questo paese, che non ha fatto politica per 30 anni. Ci vuole tempo per organizzarsi. Al momento ci sono soli i Fratelli Musulmani, non un partito ma un movimento: ha una struttura burocratica, una segreteria, è molto diffuso tanto da offrire assistenza sociale. Tanti altri soggetti hanno ancora bisogno di tempo per ricostruirsi, abituare cittadini ad andare a votare e i candidati a coalizzarsi. Molti ragazzi di piazza Tahrir hanno deciso adesso di creare partiti per correre in modo più compatto. Ora il rischio è quello della repressione e censura dei militari al momento al governo. Non si può tornare indietro e pensare che contro-rivoluzionari possano riprendere il potere.
POLITICA ESTERA e USA. Il discorso di Obama di maggio è stato deludente: aveva spiegato le intenzioni degli Usa, un nuovo piano Marshall, di assistenza economica. E’ un’arma a doppio taglio che potrà condizionare il paese per anni. Cosa che è avvenuta anche in passato dopo gli accordi di Camp David, quando la pace e gli aiuti vennero gestiti dai militari e il popolo venne escluso. Queste rivoluzioni sono iniziate come farina del sacco arabo e così finiranno, cercando di staccarsi dall’influenza americana. L’Europa invece potrebbe dare un sostegno attivo al Magreb.