È di 1419 morti e oltre 6900 feriti il bilancio, ancora provvisorio, delle vittime del nuovo terremoto di 7.2 gradi che ha colpito Haiti sabato scorso. Dopo il sisma del 2010 e l’epidemia di colera che ne è seguita, il Paese caraibico si trova nuovamente in grande difficoltà per un evento naturale che si sovrappone ad una crisi politica e sociale seguita all’assassinio del presidente Jovenel Moïse, avvenuto il 7 luglio scorso.
Haiti in ginocchio per il sisma: la situazione
A raccontare ai nostri microfoni la situazione ad Haiti è Fabio Checcacci di WeWorld/Gvc, una ong che è attiva in progetti di sicurezza alimentare nel Paese.
«La situazione è complicata – osserva Checcacci – Il sisma arriva in un momento in cui il Paese già stava attraversando gravi difficoltà. Dal punto di vista della sicurezza alimentare, Haiti è un Paese con indicatori pessimi a livello mondiale, in particolare anche per la malnutrizione infantile. Si calcola che il 40% della popolazione abbia problemi di sicurezza alimentare».
Come se non bastasse, nella notte è passata anche la tempesta tropicale Grace, che ha ostacolato i soccorsi che continuano a tre giorni dalla scossa e che ha portato a riempire e mandare in difficoltà gli ospedali. Secondo i numeri diffusi dalla protezione civile del Paese, il sisma ha distrutto oltre 37.000 abitazioni, tra le cui macerie si cercano ancora persone intrappolate.
«A complicare i soccorsi c’è il fatto che i tre dipartimenti colpiti sono di difficile accesso – spiega Checcacci – e oltre a ciò il quartiere della capitale da cui parte la strada che arriva nella zona sud è gestito da gang».
Gli aiuti umanitari che stanno arrivando, in particolare dagli Stati Uniti ma non solo, devono dunque fronteggiare l’ulteriore problema delle bande armate, ma l’esponente di WeWorld afferma che anche la popolazione civile ha provato a bloccare e impossessarsi dei convogli.
Il rischio, dunque, è che si faccia strada la disperazione, in particolare tra le 70mila persone che, con dati ancora provvisori, risultano sfollate.
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