Cinque anni fa il terremoto distrusse la piccola isola caraibica, provocando oltre 200mila morti. Nonostante alcuni progressi compiuti, la situazione ad Haiti rimane drammatica. Raffaele Salinari, presidente di Terres des Hommes, organizzazione presente ad Haiti, racconta le difficoltà della ricostruzione.
Sono trascorsi cinque anni da quel 12 gennaio 2010, quando un terremoto di magnitudo 7.0 colpì l’isola di Haiti seminando morte e distruzione nel paese caraibico. Un bilancio che parla di oltre 220mila vittime e milioni di sfollati. Il sisma mise in ginocchio un paese già molto fragile, politicamente instabile e gravato da una pesante crisi umanitaria, dove milioni di persone vivevano sotto la soglia di povertà e non avevano facile accesso all’acqua, all’istruzione e alla sanità.
Se è vero che a distanza di cinque anni qualcosa è stato fatto, e centinaia di migliaia di case, scuole e ospedali sono stati ricostruiti, la situazione del paese caraibico è ancora drammatica e tutt’altro che risolta. Alla catastrofe del sisma seguì infatti un’epidemia di colera che continua a mietere vittime, mentre il problema maggiore resta quello abitativo: nella sola zona di Port au Prince esistono ancora 123 campi che accolgono circa 85.500 persone, di cui moltissimi bambini, e le condizioni igieniche e di vita sono pessime.
Sono diversi i fattori che hanno contribuito a puntare il dito contro la cooperazione internazionale e la macchina degli aiuti messa in campo dalle organizzazioni e agenzie umanitarie. Come spiega Raffaele Salinari, presidente di Terres des Hommes, la situazione ad Haiti è “di estrema instabilità. La ricostruzione, che non doveva essere solo infrastrutturale, ma anche sociale e politica, non è avvenuta. È andata in senso contrario”.
A ciò si aggiunge una situazione politica caratterizzata da instabilità e tensione, a causa della quale è stato ancor più complicato coordinare gli interventi di assistenza umanitaria e ricostruzione. “Non si è messo mano alla situazione politica di Haiti, non è cambiato nulla, mentre si sarebbe dovuto approfittare del sisma per fare sì che si lavorasse con la società civile – dice Salinari – ciò ha portato a un esito deludente degli aiuti ad Haiti per quello che si era promesso”. Il presidente di Terres des Hommes punta poi il dito contro la “grande mediatizzazione prima, e poi l’oscuramento della situazione, già a un anno dal terremoto“.
In luogo di una ingente quanto effimera corsa all’assistenza umanitaria, messa in campo approfittando della grande vetrina mediatica immediatamente successiva alla catastrofe, “c’è necessità di un costante flusso di aiuti che serva non solo alle grandi ricostruzioni scenografiche, ma che permetta di ricostruire la società civile, e a far riprendere la vita quotidiana e una vita decorosa alle persone – spiega Salinari – Haiti continua ad esistere, e serve una riflessione per capire cosa fare perché il paese si stabilizzi, e per farlo occorre aiutare le organizzazioni non governative dell’isola”.