Un foglio di discussione per affrontare il tema della guerra in Ucraina da una prospettiva diversa rispetto a quella che si è prodotta nel dibattito pubblico italiano, allo scopo di “rompere i fronti” che si sono costruiti. È il lavoro della rete ConvergenX, composta da diverse realtà dei movimenti provenienti da tutta Italia, che in questo modo dà seguito all’incontro dello scorso 15 gennaio. “Rompere i fronti, superare i blocchi. Le nostre lotte per una politica di pace” è il titolo del foglio di discussione.

Un foglio di discussione per superare i blocchi nella guerra in Ucraina

Il documento «nasce dalla necessità di rispondere all’urgenza per cui, diversamente da altri conflitti, quello in Ucraina non ha prodotto una mobilitazione ampia come quella di fronte alla guerra in Afghanistan», spiega ai nostri microfoni Paola Rudan di Sconnessioni Precarie. Lo scopo è soprattutto quello di cercare di comprendere come questa guerra abbia interferito con le lotte che animano quotidianamente la rete di realtà che compone ConvergenX.
Inoltre, il foglio di discussione è un modo per «dare continuità all’assemblea del 15 gennaio, un’assemblea davvero molto molto partecipata, con centinaia di persone provenienti da diverse città: da Bologna a Pisa, da Torino a Milano fino a Brescia».

Il documento nasce dunque da una riflessione condivisa per creare uno spazio di discussione che parta dalla constatazione che la guerra ha prodotto dei blocchi dell’iniziativa e della discussione interna al movimento.
Nello specifico, il foglio di discussione è diviso in 3 precisi blocchi individuati proprio nella riflessione collettiva. In primis si affronta il tema dell’approccio attraverso cui in questi mesi si è discusso intorno alla guerra: quello geopolitico. «Ci troviamo di fronte a una situazione che sta ridisegnano le politiche internazionali ma vedere questa riconfigurazione solo dal punto di vista degli Stati, di quello che stanno facendo, ci mette nella condizione di non poter capire come noi, nelle nostre lotte, affrontiamo la questione della guerra in Ucraina e dei suoi effetti globali», osserva Rudan.

Il punto centrale riguarda l’effetto che la guerra ha avuto sulle lotte delle persone razzializzate, su quelle migranti o quelle appartenenti alla comunità Lgbtqi+. «Dentro al disordine che stiamo vivendo ci sono dei movimenti soggettivi e sociali, di donne, lavoratori e lavoratrici, migranti e persone Lgbtqi+ che subiscono gli effetti di questa guerra sia sul campo di battaglia che in ogni altra parte del mondo, e questa è la prospettiva che a noi interessa affrontare», spiega l’attivista.

Un’altra questione spinosa riguarda il “blocco delle alternative impossibili”: con la Nato o con Putin? Pro o contro l’invio di armi? A differenza di quello che si potrebbe pensare, la riflessione sotto questo punto di vista non è netta e perentoria. «È evidente che Putin ha invaso l’Ucraina e la Nato sta producendo delle politiche espanzionistiche significative, ma da una parte e dall’altra i blocchi sono rotti, fratturati. Non solo nelle condizioni dei soggetti che vivono al loro interno, ma anche dal fatto che dietro a queste alternative ci sono politiche, che sono industriali e ecologiche».

Una caratteristica del documento è proprio quella di tenere insieme temi che raramente vengono affrontati insieme. La guerra e il patriarcato, la guerra e il razzismo, la guerra e il cambiamento climatico. Nello specifico, nella terza e ultima parte del documento, ci si chiede quale sia la connessione tra crisi climatica, industria militare e transizione ecologica.
E la prima risposta è che le guerre in generale inquinano e provocano devastazione nei territori colpiti, anche a causa della nocività degli ordigni. Inoltre più armi vengono prodotte più aumenteranno le emissioni delle industrie coinvolte. Armi che poi dovranno essere trasportate, via mare, terra o aria.
Ma ci sono anche altri aspetti da considerare. L’industria delle armi, infatti, «non è isolata, ma parte di un complesso sistema che coinvolge ricerca, produzione di componenti elettroniche, approvvigionamento di risorse e logistica, servizi e lavoro», si legge nel documento. Spesso l’industria bellica accentua processi di estrazione di risorse che hanno un impatto enorme sulla riproduzione della vita di altre persone.

Lo scopo del foglio di discussione è quindi quello di «costruire una politica di pace non affidata solo agli Stati, ma anche ai soggetti che si stanno rifiutando di pagare questa guerra, i cui effetti non sono solo sui territori in cui si combatte. Il tentativo è quello di aprire una discussione, non tanto di offre risposte, ma piuttosto un cambiamento di prospettiva», conclude Rudan.

ASCOLTA L’INTERVISTA A PAOLA RUDAN:

Sofia Centioni