Era il 25 febbraio scorso, il giorno seguente all’avvio dell’invasione russa che ha determinato l’inizio della guerra in Ucraina, quando Wang Yi, ministro degli Esteri cinese, ha esplicitato la posizione di Pechino circa il conflitto. Da quel momento la Cina è stata tirata in ballo diverse volte, soprattutto dal presidente statunitense Joe Biden e dalla Nato, con la richiesta di prendere una posizione di aperta condanna nei confronti della Russia. Ma ad ogni tiro di giacca, Pechino ha risposto stizzita, prima ricordando le responsabilità dell’Occidente nella situazione che si è prodotta, poi accusando la stessa Nato di diffondere fake news circa un presunto sostegno a Mosca.

La posizione della Cina nella guerra in Ucraina: un difficile equilibrio

La posizione della Cina in merito alla guerra in Ucraina, ritenuta da più parti l’attore che potrebbe sostanzialmente risolvere il conflitto, continua però ad essere una posizione di equilibrio, quasi di terzietà, anche se diversi elementi rendono difficile e assai delicato mantenere dritta la barra.
A spiegare l’articolato collocamento del gigante asiatico ai nostri microfoni è Alessandro Albana, ricercatore dell’Asia Institute dell’Università di Bologna.
«La posizione della Cina è stata formalizzata in cinque punti – ricorda Albana – di cui il primo rivendica il rispetto per la sovranità e l’integrità territoriale, assolutamente centrale per l’Ucraina».

Nel secondo punto esplicitato da Pechino, però, si sostiene che la sicurezza di uno Stato non possa avvenire a spese altrui, che pende invece a favore della Russia. «Quello che segue è una dichiarazione esplicita rispetto al fatto che i processi di espansione ad est della Nato hanno determinato delle legittime preoccupazioni da parte russa – ricostruisce il ricercatore – e queste preoccupazioni devono essere ragionevolmente prese in considerazione».
Centrale appare il terzo punto dove la Cina afferma: «L’attuale situazione non è quella che vogliamo vedere».

Gli ultimi due punti del documento cinese sostengono infine la necessità di una soluzione pacifica del conflitto più velocemente possibile e il ruolo costruttivo del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, che nel concreto significa l’abbandono dell’approccio sanzionatorio nei confronti della Russia.
«È un documento articolato e bilanciato – osserva Albana – dove vengono tenute in considerazione le necessità e le preoccupazioni che fanno riferimento all’Ucraina, ma vengono anche prese in considerazione alcune questioni che sono centrali di come la Russia considera le ragioni del proprio intervento».

Un difficile equilibrio, quindi, se si considera che da un lato Pechino ha ottimi rapporti sia con l’Ucraina che con Mosca. In particolare, con quest’ultima ha una partnership strategica e anche relazioni economiche, come quella per la fornitura di gas per circa 30 anni.
Al contempo, però, la Cina risulta infastidita dall’invasione russa, perché mette in crisi la sua stessa politica estera. «Se è vero che la Cina non ha mai condannato apertamente la Russia – sottolinea il ricercatore – è altrettanto vero che non ha mai sostenuto la sua condotta».

Quel che è certo è che la Nato, in particolare gli Stati Uniti, stanno tentando di far sbilanciare la Cina ed includerla tra le potenze che condannano Putin o comunque ne prendono le distanze.
«Quella della Nato, però, sembra essere un’operazione strumentale – sostiene Albana – perché è noto che le relazioni tra l’Occidente e la Cina sono tese da anni e non stanno certo migliorando. Il continuo richiamo a Pechino, quindi, non sembra avvenire in modo costruttivo, ma per metterla alla sbarra e questo non è sicuramente il modo per integrarla nel processo per arrivare ad una soluzione del conflitto».

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