Il premier Mario Draghi ha incontrato ieri i sindacati per comunicare le decisioni prese in merito all’introduzione dell’obbligo di Green Pass su tutti i luoghi di lavoro. L’incontro non ha rappresentato un confronto o una trattativa con le parti sociali, ma la mera comunicazione di ciò che l’esecutivo ha intenzione di fare approvando nelle prossime ore un nuovo decreto.
Nel vuoto, infatti, sono cadute le osservazioni e le richieste dei sindacati in merito all’introduzione dell’obbligo vaccinale, né quelle relative alla gratuità dei tamponi.

«Noi siamo impegnati in una campagna di sensibilizzazione sulla vaccinazione – ha sottolineato il segretario della Cgil Maurizio Landini dopo l’incontro – Ma non vogliamo che si dividano i lavoratori e avremmo preferito l’obbligo vaccinale». Landini ha ribadito la richiesta della gratuità dei tamponi per recarsi al lavoro: «Non stiamo parlando di andare al ristorante, al cinema, a teatro o allo stadio, la gente non può pagare per andare a lavorare».
La risposta del premier, però, è stata di rifiuto: rendere gratuiti i tamponi disincentiverebbe la vaccinazione.

Le questioni giuridiche aperte dall’obbligo di Green Pass sul lavoro

Stando ai resoconti pubblicati sulla stampa e in attesa dell’uscita del decreto, sarebbero previste multe per i lavoratori senza Green Pass che vanno da 400 a 1000 euro. Al momento dell’ingresso nel luogo di lavoro, però, chi non ha il green pass non potrà essere ammesso e verrebbe considerato assente ingiustificato.
Anche se Draghi ha tentato di rassicurare i sindacati, escludendo che l’obbligatorietà del Green Pass possa portare al licenziamento, le sanzioni disciplinari a cui vanno incontro lavoratrici e lavoratori non lo escludono affatto.

A spiegare i rischi e le questioni giuridiche irrisolte, ai nostri microfoni, è l’avvocata del lavoro Claudia Candeloro. «Sicuramente l’obbligo di Green Pass sul lavoro può provocare delle conseguenze – osserva Candeloro – Bisogna capire se le conseguenze saranno legittime o meno».
La norma che sembra vada profilandosi, evidenzia la giurista, è quella che porterebbe ad una sospensione senza retribuzione per il lavoratore sprovvisto di Green Pass, esattamente come già avviene per il personale sanitario o della scuola.

«È una norma che si muove sul filo di lana di quello che dovrebbe essere un bilanciamento di diritti – sottolinea Candeloro – Finora l’obbligo era rivolto a lavoratori che erano esposti al pubblico o che operavano in condizioni di alto rischio. Condizioni tali per cui la limitazione della libertà personale, in assenza di una legge sull’obbligo vaccinale, poteva essere in qualche modo giustificata».
Ma una norma che estenda a tutte e tutti l’obbligo del Green Pass può creare paradossi, come nel caso di lavoratrici e lavoratori che potrebbero svolgere le proprie mansioni in smart working.

«Io credo che questa sarà una norma abbastanza ipocrita – afferma l’avvocata – perché in assenza di un obbligo basato su scelte politiche derivanti da dati scientifici, fa ricadere la responsabilità sulle singole persone a costo di una limitazione forte di un diritto come quello al lavoro».
La previsione è che la norma creerà un forte contenzioso giuridico, in particolare perché la sospensione senza retribuzione impedirà l’accesso agli ammortizzatori sociali a coloro che per scelta non presenteranno il Green Pass.

ASCOLTA L’INTERVISTA A CLAUDIA CANDELORO: