Ennesimo sciopero generale in Grecia, questa volta contro la chiusura della tv e della radio di Stato. Per il governo costavano troppo. Oltre 2500 lavoratori licenziati. L’inviata: “Qui si parla solo di soldi. È la conseguenza degli accordi con la Troika, potrebbe succedere altrove”.
Crisi Grecia: chiusa l’emittente di Stato
La decisione di chiudere la radiotelevisione di Stato scatena la protesta e rischia di spaccare il governo in Grecia. Oggi nel Paese è in corso uno sciopero generale di 24 ore che segue il black out informativo dei giornalisti, mentre il premier Antonis Samaras – che con la mossa del suo esecutivo ha fatto infuriare gli alleati – potrebbe decidere di chiedere la fiducia.
A restare sulla strada sono oltre 2500 lavoratori, tra giornalisti e tecnici, e a farne le spese è la democrazia e l’informazione.
“Sono i frutti degli accordi presi tra il governo greco e la Troika – spiega l’inviata Maria Katsiou – È solo l’esempio di quello che potrebbe succedere altrove”.
Ciò su cui il governo ha fatto leva è l’alto costo degli stipendi dei giornalisti, che nel Paese in crisi poteva suonare come un pugno in un occhio. “Tutto il popolo greco e i sindacati, invece, si è mobilitato – spiega Katsiou – ad eccezione di chi sostiene il governo. In gioco c’è la democrazia”.
L’inviata riporta anche il dibattito ellenico, tutto incentrato sulle ragioni economiche più che sui diritti e sul servizio pubblico.
Con la tv e la radio di Stato chiuse, ora in Grecia c’è una situazione molto simile a quella italiana. “Tv indipendenti non ci sono – racconta Katsiou – Mentre qualcosa di diverso si può trovare nella carta stampata”.