Se si analizzano i dati sull’economia americana che vanno dal 2001 al 2021 si scopre che in Borsa le azioni che hanno registrato i rialzi più consistenti sono quelle delle industrie belliche. È da questa analisi che parte Giorgio Beretta dell’osservatorio Opal di Brescia nell’affrontare il tema della posizione espressa dagli Stati Uniti, in particolare dal presidente Joe Biden, nei confronti della guerra in Ucraina.
Un legame che può non risultare immediato, ma guardando al funzionamento dell’economia americana si arriva a dedurre come in larga parte sia un’economia bellica.

L’economia bellica degli Usa: le tensioni tornano utili ai profitti

«Dai dati della Corte dei Conti americana – osserva Beretta – nei vent’anni della sola missione militare in Afghanistan gli Stati Uniti hanno speso 2mila miliardi di dollari». A questa spesa deve essere aggiunta quella per le altre guerre, come quella in Iraq, e per gli altri fronti su cui gli Stati Uniti erano impegnati militarmente.
Un business enorme che ora, dopo la fine del conflitto in Afghanistan, rischia di registrare un enorme vuoto. Ed è proprio la ricerca di nuove tensioni internazionali, se non addirittura di guerre come quella in Ucraina, che gli Stati Uniti hanno bisogno per tenere accese le fornaci delle industrie di armamenti.

«Gli armamenti – spiega Beretta – si vendono non soltanto in base alle guerre, ma anche alla percezione della tensione che c’è nel mondo». E la tensione in Ucraina, prima che tutto degenerasse con la scelta scellerata di Putin di invadere il Paese, era stata alimentata fortemente dagli Stati Uniti. Come? «Con gli interventi dell’Amministrazione americana sia nel decidere e finanziare esponenti politici, sia nel mandare aiuti militari in Ucraina». Secondo dati ufficiali, nel periodo che va dal 2014 al 2020 gli Usa hanno inviato in Ucraina aiuti militari per 3,6 miliardi di dollari.

Per l’attivista di Opal questi dati ci danno il quadro del perché oggi gli Stati Uniti non siano propensi a proporre una soluzione di mediazione e trattative nella guerra in Ucraina, che al contrario rappresenta un grandissimo affare per le industrie belliche americane. Anche considerando il rischio che gli armamenti finiscano poi in mano ad organizzazioni terroristiche o al nemico, come è accaduto in Afghanistan quando il contingente americano si è ritirato dal Paese lasciando sul campo armamenti finiti nelle mani dei talebani.

Nello specifico, il modello dell’economia bellica americana sembra incentrato su due direttrici. Da un lato l’export di armi, che vede gli Stati Uniti come principale esportatore al mondo con un 38,6% di vendite internazionali di armi. Dall’altro, però, l’industria bellica americana è sostenuta da spese pubbliche, con il Ministero della Difesa che acquista armamenti alle industrie connazionali per utilizzarle o donarle, come sta accadendo in Ucraina.
Nelle settimane scorse il presidente statunitense Biden ha proposto al Congresso di stanziare 33 miliardi di dollari in aiuti prevalentemente militari all’Ucraina.

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