Migranti picchiati e torturati, cui viene arbitrariamente negato il diritto d’asilo da soggetti non qualificati a farlo, chiamati a rispondere alla domanda che determinerà la loro possibilità di restare in Europa subito dopo essere sbarcati. Questo è ciò che accade in Italia secondo il rapporto “Hotspot Italy” di Amnesty International, che punta il dito contro l’Europa.

Hotspot: cosa succede davvero al loro interno?

Secondo “Hotspot Italy “, il rapporto presentato ieri da Amnesty International, ai migranti che arrivano in Italia vengono negati i più basilari diritti umani e spesso anche il diritto di asilo. La colpa, secondo l’ong, sarebbe della pressione esercitata dall’Unione Europea su Italia e Grecia affinché il numero di richiedenti asilo circolanti sul territorio europeo sia il più basso possibile, e in particolare della procedura hotspot avviata in Italia nel 2015.

“Questo sistema – spiega Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia – ha posto problemi di tre tipi. Il primo è quello del trattamento all’interno degli hotspot, questi luoghi in cui immediatamente subito dopo l’arrivo i migranti vengono portati per esaminare se hanno o meno titolo per avere protezione internazionale. Il secondo aspetto è proprio quello delle sommarie procedure di selezione tra chi ha titolo e chi no a rimanere in Italia, mentre il terzo elemento è quello delle espulsioni affrettate, con questa infinita serie di accordi di riammissione con Paesi, molti dei quali africani, dalla pessima situazione dei diritti umani”. Questa sommarietà complessiva e vuotezza di procedure, riporta Amnesty, ha dato luogo a episodi di violenza, maltrattamenti e in alcuni casi a forme equiparabili a torture.

Ed effettivamente gli episodi di violenza denunciati dal rapporto sono molti.  C’è la testimonianza di un ragazzo di sedici anni che racconta di come è stato costretto a lasciare le impronte digitali: “Mi hanno dato scosse con il manganello elettrico diverse volte sulla gamba sinistra, poi sulla gamba destra, sul torace e sulla pancia. Ero troppo debole, non riuscivo a fare resistenza e a un certo punto mi hanno preso entrambe le mani e le hanno messe nella macchina [per prendere le impronte digitali]”.
C’è la testimonianza delle violenze sessuali subite da un uomo di 27 anni, che racconta: “ero su una sedia di alluminio, con un’apertura sulla seduta. Mi hanno bloccato spalle e gambe, poi mi hanno preso i testicoli con la pinza e hanno tirato per due volte. Non riesco a dire quanto è stato doloroso”.

Sono 24 le interviste che hanno fatto riferimento a casi di maltrattamento fisico. “Sono fatti gravi – commenta Noury – si va dalle percosse all’uso di strumenti che non dovrebbero essere in dotazione alle forze di polizia, come congegni che rilasciano scariche elettriche. Su questo oggi c’è stata una polemica, poiché è stato detto che non sono in dotazione alle forze di polizia, il che è perfettamente vero. Però nel 2014 è stata emessa una circolare che dava il via a una sperimentazione di questi strumenti. Può essere che qualcuno sia rimasto in dotazione a qualche ufficio di polizia. Bisognerebbe indagare su questo tema, ma oggi si è preferito negare tutto complessivamente accusando Amnesty di scrivere falsità, il che dal nostro punto di vista è un occasione persa per parlare seriamente di diritti umani”.

Amnesty non ha dubbi riguardo al principale responsabile di queste violazioni dei diritti e punta il dito contro l’Europa, e in particolare contro la pressione che la commissione Europea sta facendo sull’Italia e sulla Grecia per fare sì che sul territorio europeo non ci siano persone che circolano in cerca di asilo.
Le cause sono l’enorme pressione che la commissione Europea sta ponendo sull’Italia e sulla Grecia per far sì che non ci siano sul territorio europeo persone che circolano in cerca di asilo.

“In pratica – spiega Noury – si chiede all’Italia di identificarli tutti in fretta e mandarne via il maggior numero possibile in cambio della promessa di ricollocare quelli che hanno titolo. Questa seconda parte, che sarebbe l’aspetto umano dell’approccio hotspot, è naufragata miseramente. Infatti la Commissione aveva promesso di ricollocare 40mila persone dall’Italia nel 2015 e ne ha collocate appena 1200. Nel frattempo ne sono arrivate 150mila. È un sistema che francamente non funziona e che dimostra solo l’egoismo dell’Unione Europea e delle soluzioni fatte a tavolino a Bruxelles”.

Il rapporto è stato presentato a poche ore dalla notizia del naufragio di due barconi al largo della Libia, nel quale sembrano essere morte 239 persone e che ci ricorda di come ciò che subiscono i migranti non si riduce all’Italia.
“L’Unione Europea – commenta Noury – lasciando che la vita di centinaia di migliaia di persone fosse nelle mani della criminalità organizzata, ha prodotto un cimitero. Sono oltre 3mila le persone di cui si denuncia la morte in mare quest’anno. Occorrono politiche diverse. Occorre andare a prendere nei paesi le persone più vulnerabili, non permettere che queste persone siano affidate alla criminalità organizzata, perché poi le lasciamo morire in mare e quando le salviamo, come fa l’Italia molto bene, le mettiamo in questa situazione di violenza degli hotspot.

Anna Uras