Domani, 14 dicembre, si terrà la prima udienza in tribunale della causa legale intentata dalla campagna “Giudizio Universale“. 203 soggetti della società civile italiana portano in tribunale lo Stato italiano per “inadempienza climatica“. Dai Fridays For Future alla Società meteorologica Italiana, da Isde all’ong A Sud: sono 24 le associazioni ambientaliste che insieme a 162 adulti e 17 minori hanno intenzione di avviare una “climate litigation“, un’azione legale contro lo Stato italiano sulla scia di esperienze analoghe avvenute già altrove.

Inadempienza climatica: lo Stato italiano dovrà risponderne in tribunale

«La climate litigation è una sorta di class action – osserva ai nostri microfoni Marica Di Pierri, portavoce della campagna – In Italia non c’è la tradizione americana delle class action, ma effettivamente si tratta della prima causa collettiva».
La campagna “Giudizio universale” porta a giudizio lo Stato italiano per «inadempienza climatica e l’insufficiente impegno nella promozione di adeguate politiche di riduzione delle emissioni climalteranti, cui consegue la violazione di numerosi diritti fondamentali riconosciuti dallo Stato italiano».

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Giudizio Universale

Domani dunque si apre la causa civile depositata presso il Tribunale di Roma. «Chiediamo al giudice due cose – racconta Di Pierri – da una parte di dichiarare che lo Stato italiano è responsabile di inazione climatica e che le politiche in campo non sono adeguate rispetto alla sfida che c’è da affrontare e di conseguenza di imporre allo Stato di moltiplicare i suoi sforzi per ridurre le emissioni, innalzando le sue ambizioni».
Gli attivisti e le attiviste della campagna sottolineano che se l’Italia dovesse applicare quanto previsto nel Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima 2030 (Pniec) ridurrebbe le emissioni di appena il 36% entro il 2030, mentre l’Europa chiede di ridurre almeno il 55%.

I ricorrenti hanno commissionato un dossier scientifico al centro studi Climate Analytics su quanto l’Italia dovrebbe ridurre le emissioni se si tenesse all’interno del calcolo la responsabilità storica e della capacità tecnologica e finanziaria del nostro Paese. «Dallo studio emerge una cifra altissima – sottolinea la portavoce – L’Italia dovrebbe ridurre del 92% le emissioni al 2030».
Di qui il tentativo di far condannare lo Stato italiano per inadempienza.

La campagna “Giudizio Universale” raggruppa un numero più alto di realtà rispetto a quelle che hanno effettivamente intentato la causa. Si tratta di oltre 100 soggetti, tra associazioni e movimenti, che hanno come punto di riferimento un sito sul quale si può sottoscrivere un appello per dare appoggio all’iniziativa.
«In Francia per un’iniziativa analoga sono state raccolti due milioni di firme – riporta Di Pierri – Come ci dicono le climate litigation in giro per il mondo, l’appoggio dell’opinione pubblica è molto importante, non solo per la causa in quanto tale ma anche per fare pressione sullo Stato e sul governo».

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