Al ventennale del G8 di Genova non si parla solo di repressione e giustizia. Una riflessione interessante che è stata ospitata nel programma riguarda l’utilizzo della rete, che nei due decenni che ci separano dal 2001 è cambiato molto.
Quello che è accadde nelle strade e nelle piazze del capoluogo ligure fu documentato da centinaia di video e fotografie e il loro accesso non sarebbe stato massivo se non fosse esistito Indymedia, il portale di mediattivismo antagonista, di controinformazione, creato proprio da realtà del movimento. Oggi, invece, internet sembra egemonizzato dai social network, contraddistinti da algoritmi che decidono cosa farci vedere, dalla profilazione dei nostri dati e dalla loro vendita a scopi commerciali.

Fediverso, l’alternativa all’internet di Facebook

La rete sembra essersi davvero trasformata in un luogo distopico, in cui noi contribuiamo alla nostra stessa prigionia e il potere è in grado di orientare le nostre stesse opinioni. È successo con Cambridge Analytica, è successo con la vttoria di Donald Trump, è successo anche con la Brexit.
A ricordarci che non siamo condannati ad un mondo disegnato da Facebook, Twitter o Instagram, però, è il Fediverso, una crasi di origine inglese che racchiude due parole chiave: federazione e universo.
Si tratta di un insieme di piattaforme, social e server alternativi che, grazie a protocolli di comunicazione comuni, possono dialogare fra loro.

Se, rispetto ai tempi di Indymedia, qualcosa è andato storto, non tutto è andato perduto. «Ad essere andato storto in questi vent’anni è il rapporto tra cittadini e mezzi di informazione – osserva ai nostri microfoni Carlo Gubitosa, scrittore, giornalista e mediattivista – Il mediattivismo ha ceduto il posto al clicktivismo, l’attivismo fatto a colpi di click e inquadrato all’interno di recinti aziendali, ma a questo sistema di comunicazione sociale esiste un’alternativa sia tecnologica che politica».
Gubitosa descrive il Fediverso come un universo di piattaforme decentralizzate, federate e con funzionalità diverse fra loro, che però fanno crescere la biodiversità della comunicazione in rete. Basti pensare che il Fediverso oggi conta 5mila nodi in tutto il mondo, su cui si ritrovano tra i 4 e i 4,5 milioni di utenti.

In particolare, le piattaforme alternative utilizzano software libero in contrapposizione al software proprietario dei social di Mark Zuckerberg. «Ma soprattutto stanno tornando a formarsi delle comunità – sottolinea il giornalista – Ad esempio c’è la comunità antagonista di Bologna che gestisce il social Mastodon o la comunità ecopacifista di Peacelink che a Taranto ha creato sociale.network. Chi utilizza queste piattaforme ha la garanzia che la propria vita elettronica non sarà utilizzata come è stata utilizzata altrove per campagne d’odio o di nazionalismo e le regole di convivenza non le decide un’azienda, ma la community».
Una questione etica, ma anche politica, poiché i grandi social come Facebook stanno diventando strumenti di potere ed è necessario un contropotere.

GUARDA L’INTERVISTA A CARLO GUBITOSA: