Tra le tante persone che affollavano piazza Alimonda a Genova ieri, nel ventesimo anniversario dell’uccisione di Carlo Giuliani, era presente anche Nicoletta Dosio, celebre attivista No Tav. La Val di Susa ha un particolare rapporto con la storia di Genova, al punto che, come afferma la stessa Dosio, «Heidi Giuliani è una di noi, una No Tav».
Un filo rosso che accomuna Genova alla battaglia contro la linea Torino-Lione in effetti c’è ed è la repressione. Agli abitanti della Val di Susa che si oppongono da oltre venticinque anni all’infrastruttura lo Stato riserva un trattamento particolarmente repressivo, talora talmente eccessivo da sfociare nel ridicolo

Val di Susa e No Tav, l’accanimento contro Nicoletta Dosio

Particolarmente ridicolo sembra essere l’accanimento dello Stato proprio nei confronti di Nicoletta Dosio. La donna, che ha 75 anni, ha scontato un anno di carcere semplicemente per aver partecipato ad una manifestazione.
Prima di essere incarcerata, però, fu condannata agli arresti domiciliari e ora la magistratura l’ha chiamata a giudizio per evasione. In quel 2016, quando si svolsero i fatti che ora le vengono contestati, Dosio però aveva annunciato pubblicamente la propria disobbedienza civile rispetto alla misura restrittiva, ma le autorità si muovono ora, cinque anni dopo, con un evidente intento repressivo.

«C’è stata la prima seduta di consiglio con la sfilata dei testimoni dell’accusa e la cosa andrà avanti a settembre – ci racconta Dosio facendo il punto dell’iter giudiziario – La cosa ridicola è che io ho sempre rivendicato quell’evasione, perché continuo ad essere convinta che quando il potere è ingiusto la resistenza è un dovere. Si affannano a dimostrare quello che non solo non ho mai negato, ma che ho sempre rivendicato fino in fondo».
Una delle caratteristiche dell’attivista No Tav è che la repressione nei suoi confronti non è mai servita a produrre ripensamenti o a renderla più mansueta.

A proposito di Genova, Nicoletta racconta che «c’eravamo il giorno dopo che Carlo è stato assassinato e poi abbiamo continuato ad essere qui per ricordare quel terribile giorno, ma ad essere soprattutto nelle lotte».
Secondo Dosio, la repressione che il movimento No Tav subisce è il segno della prepotenza del potere, ma anche della sua debolezza. «Cercano di andare contro le forze delle popolazioni e delle persone che non hanno alternative: o lotti o muori. E allora si lotta fino alla fine, per noi, per chi verrà dopo di noi, ma anche per le lotte passate che sono finite con una sconfitta. Il conto è sempre aperto».

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