GBHFreakout Club live report Le scarpe di plastica riciclata con la scritta “There is not a planet B” sulla linguetta sono le cose meno punk che potessi avere ai piedi e i fans dei Gbh probabilmente se ne sono accorti, visto che sono state massacrate da anfibi dr Martens o fac simili.È giusto così. Del resto anche il ventenne Iron avrebbe scosso la testa a vedermi invecchiato e intento a riprendere i suoi paladini con un telefono. (E poi quelle scarpe cazxo!)Come ci siamo ridotti. “Parla per te!” Dicono i giovani punk che sono venuti ad ascoltare un gruppo che ha scritto la storia dello “street punk”. Già perché i Gbh sono sulla scena da una quarantina d’anni. No, non alloggiano in hotel di lusso, non suonano in arene, non hanno aerei con il nome della band incisa sulle ali e soprattutto i fans non spendono un extra per bersi una birra con loro. Lo stile del gruppo e rimasto quello di sempre, sia nella vita che musicalmente. L’immediatezza è ciò che mi ha sempre affascinato dalla band. Come un pugno nello stomaco, la musica dei Gbh è quella che inizia con due note per poi sommergerti con un muro di suono. La serata vede le canzoni di “City baby attacked by rats” avere la meglio sulle altre complice i quarant’anni dell’album. Bella “City baby revenge”, bella la mitica” Sick Boy”e “I m the hunted”, infine bello l’omaggio ai Motorhead con “Bomber” un po’ graffiante. Avrei voluto pogare, magari con un paio di anfibi, nonostante il caldo dentro al Freakout, ma forse era un pogo un po’ troppo ignorante per un attempato vez. E poi le scarpe…quelle scarpe… L’indie, il greenwashing, il regno di Danimarca di via San Mamolo forse mi hanno cambiato. Per fortuna in giro ci sono ancora i Gbh a portare avanti un discorso che avevo iniziato una trentina di anni fa, che ho dimenticato e che stasera ho ricordato, mentre il sudore mi scendeva a fiotti giù per la schiena.

Andrea Tabellini