La crisi energetica che sta investendo l’Europa si è conquistata il primo piano e ogni giorno si registrano botta e risposta tra l’Ue e la Russia. Ieri il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ha affermato che «sta iniziando una grande tempesta globale derivante dalle azioni dell’Occidente».
Proprio la Russia ha di fatto bloccato le forniture dal gasdotto Nord Stream 1, sostenendo che le sanzioni europee imposte per la guerra in Ucraina impediscono una corretta manutenzione degli impianti.

Ad aggravare la situazione ci sono le speculazioni nel borsino di Amsterdam, ma in generale in tutti i mercati energetici globali, che hanno portato un aumento stratosferico del gas.
Ai nostri microfoni Francesco Sassi, ricercatore di Rie e dell’Università di Pisa, sottolinea l’estrema instabilità del mercato del gas naturale, sia in negativo che in positivo. «È bastata una dichiarazione del cancelliere tedesco sul raggiungimento degli obiettivi degli stoccaggi – riporta il ricercatore – per far scendere il prezzo, che è poi subito risalito alla notizia dello stop di Nord Stream 1».

Il Price Cap al gas russo potrebbe fare più male delle speculazioni finanziarie

La geopolitica, dunque, influenza i mercati energetici e gli operatori del settore giocano alla speculazione. Ma per l’Europa la situazione è piuttosto critica e il rischio concreto è non riuscire a superare l’inverno e l’anno prossimo senza estreme conseguenze, soprattutto economiche, ma anche sociali.
Oltre ai razionamenti annunciati, con la diminuzione delle temperature e degli orari di accensione del riscaldamento e altre misure per risparmiare energia, il tema ricorrente nella discussione è l’imposizione di un “Price Cap”, un tetto al prezzo del gas russo. A volerlo sono soprattutto il presidente statunitense Joe Biden e, in Europa, il premier italiano Mario Draghi, che ne parla da mesi.

Dopo il primo secco “no” dell’Europa alla proposta di Draghi, negli ultimi giorni si registrano aperture da parte della Germania e della presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen. Anche il G7 si starebbe muovendo in questa direzione.
Ma quando si parla di Price Cap occorre prima capire cosa si intende, come sottolinea Sassi: «Non vi è un’idea chiara di come si potrebbe attuare un Price Cap. Se fosse un limite al prezzo del gas acquistato dalla Russia, in quel momento vedremmo interrompersi i flussi di gas, rendendo lo scenario del prossimo inverno ancora più complicato, quando già ora siamo sul filo del rasoio».

Non essendoci un vero e proprio modello su ciò che si intenda per Price Cap, vi è anche la proposta di un prezzo imposto internamente all’Ue, con le autorità politiche a farsi garanti del pagamento del prezzo eccedente, quindi una calmierazione dei prezzi interna ai Paesi dell’Ue. «È una misura molto diversa da quella del limitare il costo del gas russo perché impone prezzi molto alti alle autorità politiche europee che si troverebbero a sussidiare il continuo utilizzo di gas naturale all’interno dell’Unione», osserva Sassi.
Vi sono poi i modelli spagnolo e portoghese, dove il Price Cap avviene internamente allo Stato, con il pagamento pubblico del costo eccedente a quello stabilito e con risorse svincolate dal debito e dalle regole dell’austerity.

Il ricercatore interviene anche sulla questione degli stoccaggi, utilizzati più volte dai leader europei come argomento per rassicurare la popolazione. «Quella per gli stoccaggi è sembrata quasi un’ossessione – evidenzia Sassi – ma gli stoccaggi possono coprire soltanto una parte relativamente piccola dei consumi invernali, che chiaramente sono influenzati dall’andamento del clima, del meteo, e più è freddo l’inverno, più saranno alti i consumi di gas naturale».

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