Luca Cinti, ex responsabile della squadra mobile di Bologna, è stato condannato a due anni per aver mentito in uno dei processi sul G8 di Genova 2001. Tambuscio, avvocato del Genoa Legal Forum: “Il Ministero mantiene riserbo sui provvedimenti disciplinari”.
Si allunga la lista di esponenti della polizia, tra agenti e dirigenti, condannati per i fatti del G8 di Genova 2001. Quest’oggi sono stati comminati in primo grado 2 anni di carcere, con sospensione condizionale della pena, a Luca Cinti, ex responsabile della squadra mobile di Bologna.
La vicenda risale al 20 luglio 2001, quando gli agenti del reparto mobile di Bologna caricarono i manifestanti pacifici riuniti in piazza Manin e arrestarono due ragazzi spagnoli accusandoli di resistenza. Gli agenti sostenevano che i manifestanti fossero armati di spranghe e molotov, ma un video realizzato dal gruppo di registi presenti a Genova confutò questa versione.
Cinti, chiamato a testimoniare in aula nel processo ai suoi uomini, mentì dicendo di aver assistito all’arresto, nel tentativo di aiutare gli agenti imputati. La corte d’Appello ritenne falsa questa testimonianza e aprì un nuovo processo a carico del dirigente.
Quest’oggi la condanna in primo grado, mentre per gli agenti “coperti” da Cinti è già arrivata la sentenza definitiva a 4 anni di reclusione e 5 anni di interdizione dai pubblici uffici e sono attualmente sospesi dal servizio.
La questione che resta aperta è il destino lavorativo di questi uomini di polizia. Da più parti, infatti, viene chiesto che esponenti delle forze dell’ordine che si sono macchiati di reati, anche molto gravi (come nel caso Diaz), non tornino al loro posto.
“L’interdizione dai pubblici uffici od altre pene accessorie – spiega Emanuele Tambuscio, avvocato del Genoa Legal Forum – non impedisce di per sè che queste persone non vengano riassorbite”.
La decisione sui provvedimenti disciplinari e sul futuro lavorativo dei poliziotti condannati, sottolinea Tambuscio, spetta al Ministero dell’Interno, che però è molto attento a non pubblicizzare le sue decisioni.