Venerdì scorso la giunta della Regione Emilia-Romagna ha approvato una delibera che ha istituito il “Comitato regionale per l’etica nella clinica” e ha inviato alle Aziende sanitarie le linee di indirizzo per la gestione delle richieste di suicidio medicalmente assistito. In questo modo l’Amministrazione regionale conta di aver assolto al compito sull’applicazione della sentenza della Corte costituzionale che ha sancito il diritto del malato di congedarsi dalla vita nel rispetto della sua volontà, autodeterminazione e del suo concetto di dignità.

Per l’Associazione “Luca Coscioni”, che sul tema ha raccolto le firme e presentato una legge di iniziativa popolare regionale, la delibera di giunta non basta per la garanzia di un diritto, sia perché potrebbe essere annullata da future giunte, sia perché le linee di indirizzo non sono vincolanti.
Quello che serve, invece, è l’approvazione della legge presentata in Assemblea Legislativa, che garantirebbe tempi certi per l’esigibilità del diritto sancito dalla Corte costituzionale.

Fine Vita, dopo la delibera di giunta serve la legge regionale

«Noi chiediamo che la nostra legge di iniziativa popolare, firmata da migliaia di cittadini dell’Emilia-Romagna sia discussa al più presto – osserva ai nostri microfoni Marco Cappato – e che la giunta Bonaccini non abbia paura. Tra l’altro, non solo Zaia, ma anche Toti e Fontana, quindi Liguria e Lombardia, cioè amministrazioni di centrodestra, hanno espresso favore per questa legge. Quindi non si vede perché l’Emilia-Romagna dovrebbe tirarsi fuori da una sfida come questa».

Proprio la destra in Emilia-Romagna, però, si dice pronta alle barricate, invocando anche l’intervento del governo. In particolare, il tentativo dell’opposizione in viale Aldo Moro è quello di smontare la delibera di giunta con un ricordo per questioni procedurali.
«Purtroppo una parte della destra non fa pace col fatto che questo diritto esiste già, lo ha sancito la Corte costituzionale con la sentenza del caso Dj Fabo, sul mio processo. Non è la Regione a poter mettere o togliere il diritto. Credo che il ricorso sarebbe basato su ragioni inconsistenti, lo facciano pure, non cambia nulla».

Proprio domani la legge di iniziativa popolare approderà in aula, in Assemblea Legislativa. «Noi chiediamo che se una persona malata chiede di essere aiutata a morire le si dia una risposta in tempi certi – osserva Cappato – Federico Carboni, nelle Marche, che è stato il primo ad aver ottenuto questo tipo di soluzione, ha dovuto aspettare due anni prima che l’Asl nemmeno gli facesse visita per verificare se effettivamente era in quelle condizioni. In realtà lo sapevano benissimo, ma avevano paura di avviare il percorso del suicidio assistito».
Di qui l’appello ai consiglieri e alle consigliere regionali per avere il coraggio di approvare il testo della legge.

ASCOLTA L’INTERVISTA A MARCO CAPPATO: