Va in scena giovedì 18 novembre, alle 19.30, lo spettacolo Padre d’amore Padre di fango di Cinzia Pietribiasi all’Atelier Sì, con la Compagnia Pietribiasi/Tedeschi. Lo spettacolo racconta una storia vera vissuta a Schio negli anni 80, un’esperienza sensoriale attraverso gli odori delle case, una narrazione multimediale e autobiografica per raccontare una relazione a tre: figlia, padre ed eroina.

Padre d’amore Padre di fango, un’autobiografia sensoriale di Cinzia Pietribiasi

Cinzia Pietribiasi autrice e protagonista si racconta in questo «grande omaggio ad una generazione scomparsa, giovani che hanno avuto venti e trent’anni negli anni ‘80». Lo spettacolo ha la volontà di toccare, attraverso le parole e il racconto ma anche di far toccare, agli spettatori, per qualche istante una realtà così personale ma anche così sociale. Insieme alla narrazione di Sara, alter-ego di Cinzia, vengono utilizzati altri medium con lo scopo di rendere la fruizione una esperienza estetica completa. Sono utilizzate le proiezioni dalle web-cam che riprendono gli oggetti di scena con cui l’attrice “gioca” e a cui fa da guido-voce. Anche l’attrice stessa viene ripresa e poi duplicata nel grande schermo, insieme a dei video di repertorio degli anni Ottanta sui giovani a Verona ma anche video di famiglia, ripresi e rimontati.

Cinzia racconta la sua storia d’infanzia e il complesso rapporto con il padre, ex eroinomane, e la realtà della tossicodipendenza. Come dice ai nostri microfoni «ho voluto raccontare la storia di lui e della sua generazione con gli occhi di una figlia che all’epoca aveva otto o nove anni, una bambina senza giudizio, senza retorica e anche senza rabbia». Nel suo assolo Cinzia racconta gli aspetti più complessi di questo rapporto che come dice «è un rapporto a tre tra il padre, la figlia, e la sostanza, l’eroina». La protagonista è idealmente accompagnata da altre figure di donne, donne fondamentali della famiglia dell’autrice presentate come piccoli animaletti che attraverso il gioco si manifestano colonne sicure e presenti nella vita di Sara/Cinzia. La voce, le azioni e i personaggi interiori della protagonista prendono vita nella sua identità di bambina e cercano di raccontare nel ricordo, preservandosi da patetismi o giudizi di circostanza, la visiva storia di una famiglia che come tante sopravviveva alla tossicodipendenza, alla disillusione e alle ferite politiche degli anni Ottanta.

Una scrittura che procede per frammenti, per fotogrammi di memoria che zampillano dai luoghi, dagli eventi e anche dagli odori. Lo spettacolo è infatti multi sensoriale e vuole coinvolgere l’aspetto olfattivo. L’autrice per avvicinare e creare un’esperienza sinestetica con il ricordo, ha lavorato con un maestro profumiere e come ci spiega «ho raccontato questi odori di cinque case e lui è riuscito a realizzare cinque essenze, ispirandosi alle mie parole» odori dati come foglio di sala al pubblico, piccoli pezzi di carte da portare a casa come una parte dello spettacolo.

Lo spettacolo ha vinto quest’anno il Primo Premio e il Premio della Critica del Festival Voci dell’anima 2021 ed è nella Selezione Visionari 2020 del Kilowatt Festival.

Dalila Pluchino

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