Inizia oggi il processo a Giovanni Padovani, l’ex calciatore accusato di avere assassinato a martellate, calci e pugni l’ex compagna Alessandra Matteuzzi lo scorso agosto. Nel solco di una tradizione femminista di solidarietà e sorellanza, i centri antiviolenza bolognesi hanno deciso di costituirsi parte civile al processo e si sono riuniti stamattina in un presidio davanti al Palazzo di Giustizia, per esprimere sostegno alla famiglia della vittima e la volontà di ottenere giustizia. «Vogliamo occupare uno spazio pubblico e ribadire che i centri antiviolenza ci sono – afferma Giovanna Casciola, di Associazione Mondo Donna Onlus – La violenza di genere nei confronti delle donne non è un’emergenza, ma è un fatto strutturale».

Il presidio dei centri antiviolenza al processo per il femminicidio di Alessandra Matteuzzi

«Il femminicidio è l’apice di un continuum, e la prova del fallimento di una società che continua a produrre e riprodurre questa stessa violenza attraverso la vittimizzazione secondaria e la riproduzione di meccanismi stereotipati», dichiara Silvia Saccoccia, portavoce della Casa delle Donne. Poi aggiunge: «In questo senso, quindi, siamo qui oggi anche in rappresentanza di tutte le donne che si rivolgono ai centri antiviolenza ogni anno e per quelle che non hanno ancora trovato il coraggio di farlo».

Per prevenire la violenza di genere, specifica Giovanna Casciola, è fondamentale un lavoro di rete: «Perché nessuna realtà può affrontare da sola questo tema complesso. È quindi importante che centri antiviolenza, servizi sociali e forze dell’ordine, psicologi e psicologhe, avvocati e avvocate lavorino insieme». Gli strumenti a disposizione per prevenire i femminicidi, tuttavia, a volte trovano degli ostacoli e non sempre vengono utilizzati, aggiunge Katia Graziosi di Udi Bologna. «In tante si sono chieste perché il signor Padovani non avesse il braccialetto elettronico, per esempio. Le misure devono essere attuate».
Il lavoro di rete, però, naturalmente non basta: «Spetta anche agli uomini lavorare su loro stessi, per affermare modelli che non si basino su sopraffazione e ruoli di potere», conclude Giovanna Casciola.

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Chiara Scipiotti