Sono passati ormai 15 anni dalla crisi finanziaria globale scaturita dal fallimento di Lehman Brothers, che ha trascinato con sè l’economia dell’intero pianeta, e, memori di ciò che è accaduto in seguito, è giustificata la preoccupazione per le notizie del fallimento della Silicon Valley Bank (Svb) e la crisi di Credit Suisse.
Se nel 2008 è stata la bolla immobiliare a scoppiare, oggi potrebbe essere stata un’analoga bolla hi-tech a provocare il fallimento di Svb, data la “specializzazione” della banca nell’erogazione del credito alle start-up di questo settore.
A non cambiare, invece, è il ruolo dello Stato, che risulta ancora una volta necessario di fronte ad una finanza che ha dimostrato nuovamente di non sapersi regolare da sola.

Cosa ci dice il fallimento di Svb

A spiegare la situazione è stato, ai microfoni di Radio Onda d’Urto, il direttore di Valori.it, Andrea Barolini. «La Svb non sottostava a una serie di regole a cui sottostanno le banche “too big to fail” – spiega l’economista – La banca, a livello di asset gestiti, erano un po’ al limite, rientravano quasi nel novero delle banche sulle quali il monitoraggio è più stringente».
In ogni caso si tratta del peggior fallimento che c’è stato dal 2008. A pagare quella crisi, di fatto, sono stati i cittadini ricorda Barolini, «perché tutto quel sistema ha imposto giganteschi salvataggi da parte degli Stati che hanno inevitabilmente fatto aumentare i debiti pubblici e poi ci sono state le manovre di austerity necessarie per rimettere a posto i conti».

Per capire il contesto in cui ci muoviamo, Barolini spiega che «ci troviamo nella fase di passaggio da un mondo ad un altro mondo, stiamo passando da una fase molto lunga di tassi di interesse molto bassi, forse troppo bassi, a una fase di tasse di interesse alti, forse troppo alti». L’economista spiega che inevitabilmente questo passaggio comporta il rischio di tremori da parte di qualcuno.
E se la bolla del 2008 aveva riguardato il mercato immobiliare, con la speculazione dei mutui subprime, ciò che sta accadendo oggi riguarda un altro settore andato in crisi, come testimoniano i licenziamenti di Meta e altre società, quello hi-tech.

La necessità dello Stato: la finanza da sola non si sa ancora regolare

L’esplosione di Silicon Valley Bank, così come la crisi odierna di Credit Suisse, in ogni caso richiedono l’intervento dello Stato. «È vero che che per Svb i soldi che verranno utilizzati per garantire i depositi delle persone che avevano i propri risparmi nella banca non sono soldi direttamente pubblici, ma sono stati raccolti da strutture pubbliche presso il sistema finanziario – sottolinea Barolini – ma chi è che ha chiesto alle aziende finanziarie di mettere da parte questi soldi in un fondo ad hoc? Lo Stato. E chi è che si sta preoccupando di imporre un sistema per garantire e assicurare i depositi di questa banca? Lo Stato, il Tesoro, la Federal Reserve».

Esattamente come nel 2008, quindi, anche questa volta il ruolo dello Stato è impossibile da aggirare, anche negli Stati Uniti.
«Questa è l’ennesima dimostrazione – conclude Barolini – che lo Stato è fondamentale perché il mercato finanziario non è in grado di autoregolarsi, come invece vogliono far credere e sostengono le persone che sono convinte della bontà del neoliberismo».

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