Il discorso alla nazione di Vladimir Putin segna un’ulteriore escalation nella guerra in Ucraina, che è sempre più apertamente una guerra tra la Russia e la Nato. I referendum in Donbass che cominceranno domani, ma soprattutto il richiamo di 300mila riservisti e le parole sulle armi nucleari prefigurano uno scenario fosco, con il rischio di un allargamento del conflitto su scala mondiale.
La diplomazia e le trattative di pace non sembrano interessare all’Occidente, che mantengono sul piano muscolare la contesa. Dalle parole di Joe Biden a quelle della neopremier britannica, Liz Truss, il conflitto rischia seriamente di esacerbarsi.

A tentare di rompere questa dicotomia, che è anche l’unica rappresentata dalla narrazione mediatica, è il movimento pacifista. Da un lato, Europe for Peace, una coalizione di pacifisti europei, ha scritto al segretario generale dell’Onu per chiedere di rafforzare i percorsi multilaterali di pace.
Dall’altra, sempre a livello europeo, i pacifisti hanno lanciato la campagna #ObjectWar, che prevede anche una raccolta firme a sostegno della diserzione dei soldati russi, ucraini e bielorussi.
Il movimento nonviolento italiano, infine, organizza la carovana “Stop the war now” che partirà il prossimo 26 settembre.

I pacifisti europei scrivono all’Onu per chiedere multilateralismo

In occasione della Giornata internazionale per la Pace, è stata inviata una lettera aperta al segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, e ad altri esponenti delle strutture Onu. I mittenti sono le oltre 400 organizzazioni della società facenti parte della coalizione “Europe for Peace”, che in Italia è promossa da Rete Italiana Pace e Disarmo, Sbilanciamoci, Stop the War Now, AOI Cooperazione e Solidarietà internazionale, Anpi e molti altri. La prima richiesta è che, per rafforzare gli ideali di pace, vengano osservate 24 ore di nonviolenza e di “cessate il fuoco”.

«Senza uno sforzo multilaterale che metta davvero attorno a un tavolo tutti, non solo Russia e Ucraina – osserva ai nostri microfoni Francesco Vignarca della Rete Italiana Pace e Disarmo – Se non si arriva a un quadro di sicurezza condiviso che dà una linea nuova, credo che purtroppo dovremmo sorbirci per troppo tempo il pericolo di questi confronti e minacce muscolari».
Le “ricette” dei pacifisti sono note. Da un lato la messa al bando del nucleare, ma anche la diminuzione delle spese militari a livello globale, destinando quelle risorse ad esempio al contrasto ai cambiamenti climatici. Dall’altro è necessaria anche una riforma dell’Onu stessa in senso democratico, togliendo il potere di veto al Consiglio di Sicurezza.

Vignarca spiega anche come funziona la dottrina nucleare russa, che non dipende da un singolo bottone rosso che può schiacciare Putin. In particolare, qualora veramente la Russia si sentisse all’angolo, potrebbe scegliere di passare all’opzione “escalate to de-escalate“. «Significa lanciare un’arma nucleare tattica nel momento in cui l’aspetto convenzionale della guerra mi vede soccombere – osserva Vignarca – proprio per bloccare l’avversario dal punto di vista convenzionale. Molti fanno la distinzione tra nucleare tattico e strategico, ma in realtà una volta che parte una bomba di quel tipo, chi la prende in testa non si chiede su quale tipologia sia stata o quale approccio strategico aveva».

ASCOLTA L’INTERVISTA A FRANCESCO VIGNARCA:

Il sostegno alla diserzione: la campagna #ObjectWar

Sempre in occasione del 21 settembre, Connection e.V., International Fellowship of Reconciliation, Ufficio Europeo per l’Obiezione di Coscienza e War Resisters’ International (Wri) hanno lanciato una campagna di raccolta firme per i disertori e gli obiettori di coscienza di Russia, Bielorussia e Ucraina. ObjectWar è il titolo della mobilitazione, che invita tutti i cittadini di ogni parte del mondo a unirsi allo sforzo internazionale per garantire protezione e asilo agli obiettori di coscienza e ai disertori russi, bielorussi e ucraini coinvolti nell’attuale guerra nella regione.

In particolare, lo scorso 6 aprile il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, aveva invitato i soldati russi a disertare e aveva promesso loro protezione ai sensi del diritto dei rifugiati. Finora questa promessa non è stata mantenuta. Ecco quindi che la raccolta di firme chiede di concedere protezione e asilo ai disertori e agli obiettori di coscienza della Bielorussia e della Federazione Russa, di esortare il governo ucraino a smettere di perseguitare gli obiettori di coscienza e a garantire loro il pieno diritto all’obiezione di coscienza al servizio militare e di aprire le frontiere a chi si oppone alla guerra nel proprio Paese mettendo a rischio la propria persona.

«Sono più di 5mila da febbraio ad oggi le domande presentate dai giovani ucraini per esercitare l’obiezione di coscienza – racconta ai nostri microfoni Mao Valpiana del Movimento Nonviolento, costola italiana del Wri – A loro non viene data risposta perché in Ucraina la legge marziale ha coscritto tutte le persone tra i 18 e i 60 anni, impedendo anche di uscire dal Paese». Non va meglio ai giovani russi, che nei giorni scorsi si sono visti aumentare le pene per chi rifiuta la chiamata dell’esercito: dai 10 ai 15 anni di galera.

Il Movimento Nonviolento sarà anche impegnato dal 26 settembre al 3 ottobre alla carovana “Stop the war now“. Si tratta della quarta iniziativa del genere, di cui la prima si è svolta a Leopoli. La meta di questa nuova carovana, invece, sarà Kiev e la missione vuole porre le basi per accordi di partenariato tra membri italiani della campagna #StopTheWarNow e organizzazioni di società civile ucraine, ma anche per rilanciare la campagna di solidarietà agli obiettori di coscienza sotto inchiesta o processo da parte della Procura Generale in Ucraina, come il giornalista Ruslan Kotsaba, accusato di alto tradimento per aver diffuso appelli a boicottare la guerra.

ASCOLTA L’INTERVISTA A MAO VALPIANA: