Nessuna sorpresa, l’avevano detto e lo hanno fatto. Tra le prime volontà politiche da convertire in legge, il governo Meloni, una volta insediatosi, ci ha messo la guerra alle ONG che operano nel Mediterraneo. Le modifiche introdotte dal provvedimento interministeriale del ministro Piantedosi, mirano apertamente a ostacolare l’opera di chi va per mare a salvare naufraghi disperati. Impedire più d’un salvataggio a navigazione e dirottare le navi in porti di città sempre più lontane, guarda caso mai governate dal centrodestra, connotano appieno il sadismo infantile dell’attuale legislatore.

Ma il buonvento che si augurano i navigatori alla partenza non ha certo smesso di soffiare, non esiste legge che può fermare chi non ha altro che la voglia di vivere o anteporsi al dovere prioritario, sancito dalla legge di chi va per mare, di salvare vite umane, sempre e comunque. Il recente giudizio del Tribunale di Catania, in questo senso è stato chiarissimo: il decreto interministeriale con cui a novembre il governo ha bloccato decine di naufraghi sulle navi umanitarie al porto di Catania non è conforme alle leggi internazionali perché ha impedito “in modo discriminatorio il diritto al salvataggio e l’accesso alla procedura di asilo”. E quindi va ritenuto “totalmente illegittimo”.

Con Alessandro Metz, armatore sociale e una delle anime del progetto “Mediterranea”, abbiamo fatto il punto sullo stato del progetto e su com’è cambiato il Mar Mediterraneo dopo il provvedimento Piantedosi.

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