Si è chiuso il sipario sulla prima opera della stagione 2023 del teatro Comunale di Bologna traslocato momentaneamente al teatro Europauditorium prima dell’approdo previsto nei padiglioni della fiera a fine mese. Al centro è tornata per qualche serata la musica con un “Olandese Volante” che convince nella direzione della direttrice Lyniv, al comando come nella prima rappresentazione a Dresda fu Cosima Wagner a disegnare la regia.

I disagi dell’arrivo e del ritorno a casa di spettatrici e spettatori viene mitigato dall’organizzazione attenta del Teatro Comunale di Bologna che dopo aver accolto ciascuno/a con schiere di maschere a dare indicazioni rispetto agli spazi dell’enorme Teatro Europauditorium, congeda all’uscita con ceste colme di scatole di cioccolatini Maiani in confezioni logate opera nouveau. Meno attento è stato il Comune che non ha mandato nessuna comunicazione alla Cotabo per sottolineare il calendario delle rappresentazioni spostate nella zona fieristica a fronte di tassisti che poco si informano in autonomia di quel che capita in città. Nessuna linea di autobus è stata prolungata per permettere il deflusso, è stato programmato solo un pullman da e per il Teatro Comunale su prenotazione e una riduzione del parcheggio fieristico per chi arriva con mezzo proprio in possesso di biglietto dell’opera.

Una volta seduti/e nelle comode poltrone si può dimenticare quanto esula da questioni artistiche per concentrarsi sulla musica, sulle voci del cast, sulla messa in scena per due ore e quaranta di puro piacere. Il regista scozzese Paul Curran ha optato per una scena sobria curata da Robert Innes Hopkins, tutta fatta di pannelli per proiezioni, uno schermo centrale e due parti laterali convesse, come due onde del mare in tempesta che fungono anche da prua della nave o da promontorio grazie a praticabili occultati alla nostra vista. La scelta della sobrietà va nella direzione, come sottolinea anche Lyniv nell’intervista riportata nel libretto, del teatro ascetico sognato da Wagner: un teatro e musica senza orpelli, liberata da “ornamenti baroccheggianti, dalla sontuosità dei teatri perchè per lui tutto distraeva dall contenuto dell’arte”.

In ottemperanza, forse a questo desiderio ascetico, tutto il primo atto è risolto da questo sistema scenografico che immette gli spettatori in una situazione di mare in tempesta e permette di visualizzare il vascello fantasma ed il pericolo soprannaturale con la semplicità e l’immediatezza di uno spettacolo per bambini in cui basta una sagoma disegnata del vascello dalle vele stracciate e dalla consistenza del fumo e un teschio rosseggiante a incutere timore e mettere in allarme.

L’ingenuo espediente per l’ingresso del soprannaturale nel concreto mondo di marinai fatto di gomene da tirare, vele da ammainare, freddo e paura, fa sorridere, ma al contempo ha la chiarezza ed efficacia di un fumetto, di un segnale stradale: non serve nessuno studio wagneriano per comprendere la situazione, qualunque spettatore/trice capirebbe la vicenda anche senza giovarsi dei sovratitoli tradotti in italiano e inglese.

Anche la musica di Wagner del resto con la sua potenza disegna il mare in tempesta, scuote le emozioni degli e delle spettatrici e spettatori suscitando continui passaggi tra l’angoscia e il rilassamento per lo scampato pericolo. L’allerta è massima, guai fidarsi del vento, avverte dalla scena prima Daland “chi conta sul vento conta sulla compassione di Satana”. Questo primo accenno all’invadenza del malefico sui destini umani tiene in tensione e prepara a quanto accadrà a breve.

Già dalla sinfonia si scatenano le emozioni in una tale densità di passaggi tra i tre temi principali: quello dell’olandese, quello della redenzione di Senta e il coro dei marinai; le famose quinte vuote creano poi un effetto fantomatico a cui abbandonarsi in un clima romantico di esaltazione del mito e del sovrannaturale che soverchia la razionalità spingendo all’esaltazione delle emozioni facendo passare chi ascolta, nello specifico, da una sensazione di ansietà, alla dolecezza estrema del finale con il tocco salvifico dell’arpa che ristora dagli iniziali inquietanti squilli di corni e trombe.

All’avvio della narrazione efficace è l’esecuzione del coro dei marinai alle prese con le corde per salvare vite dal mare tempesoso. Ridotta l’apprensione, c’è tempo per riposare e per il pensiero del bel timoniere alla sua bella che lo attende a terra. é proprio quando l’attenzione cala che si avvicina il vascello fantasma del leggendario Olandese che vaga per i mari alla ricerca della salvezza rappresentata dalla fedeltà di una fanciulla. L’Olandese alletta il buon vecchio capitano Daland con i suoi tesori barattando la mano della figlia Senta. Efficace la presentazione dell’Olandese e il suo cappotto grigio e la figura imponente che si staglia sulle altre in penombra sottolineando la sua natura ultraterrena evanescente in pieno contrasto con la vividezza degli impermeabili gialli di moderni marinai. Eccellenti Peter Rose nei panni del vecchio padre Daland e Thomas Kohanneas Mayer in quelli de l‘Olandese, godibilissimo il loro dialogo concluso con il patto che porterà l’Olandese da Senta.

Il secondo atto è ambientato nel filatoio in cui le donne lavorano alacremente come se il filare fosse la penitenza per ottenere il ritorno sani e salvi dei loro uomini dal mare. Moderne macchine da cucire sono disseminate su tavoli da lavoro, le filatrici sono in jeans e grembiuli da fabbrica, le coriste interpretano operaie e donne delle pulizie intente alle loro faccende. Gioioso il tema del coro femminile, il sogno d’amore che esprime con voci prevalentemente acute e leggere contrasta e richiama il coro dei marinai. Senta (il soprano svedese Elisabet Strid) canta per le compagne la tradizionale ballata che narra la leggenda dell’olandese volante che cerca una donna che gli sia fedele fino alla morte. Senta si percepisce come predestinata a ricoprire quel ruolo, ad essere colei che l’angelo di Dio riconoscerà come la donna giusta per redimere l’olandese e salvarlo sal suo destino errabondo. La cantante, se pure vocalmente non brilla nè sorprende particolarmente, riesce a rendere la femminilità della giovane, la sua ingenua attesa che si compia il suo destino e di essere riconosciuta come la donna che seguirà fedelmente l’olandese nell’eternità.

Come afferma Curran nelle sue note di regia, Senta è una donna indipendente, già promessa a un compaesano non sa accontentarsi, sogna un destino più grande, desidera per sé una vita fuori dalla norma, “desidera che le venga consentito di essere alla pari di chi ama”. Senta, secondo Curran cerca qualcosa di nuovo e diverso al pari del compositore Wagner che proprio con l’olandese volante inaugura la ricerca di un nuovo modo di comporre musica e di pensare all’arte, e avvia un nuovo inizio per se stesso e per la storia dell’opera! E’ a partire da questo titolo che Wagner approderà al wort-ton-drama, il teatro totale (Gesamtkunstwerk) fatto di parola (Wort), musica (Ton) e scena (Drama) fusi in un’unica creazione artistica non più costituita da pezzi chiusi come nell’opera italiana fatta di arie, recitativi, ma una musica senza fine dove la parola aderisce all’azione con effetto di continuità.

Lyniv credo sia riuscita, con la sua direzione, a rendere la forza di questa musica, la potenza dirompente dell’innovazione wagneriana, ha dato suono alla ricerca del compositore di esprimere l’inesplicabile che ha richiesto numerosi rimaneggiamenti a ogni messa in scena dopo la prima a Dresda nel 1901. Addirittura la scena dell’incontro di Senta con il suo destino, con l’Olandese, ha richiesto sei revisioni alla strumentazione perchè si potesse cogliere come quell’incontro per Senta sia un’illuminazione dello spitito, una scintilla di luce in una vita predeterminata. Dopo le prime critiche negative, come il vascello fantasma, anche Wagner ha avuto la forza, afferma Lyniv, “di risalire a galla vittorioso, con la sua grande volontà di imporsi al mondo”.

Pur nella sobrietà dell’allestimento, con la semplicità dei costumi da marinai e operaie e con la modesta ed elementare rappresentazione del teschio e della sagoma fumettistica del vascello fantasma, questa messa in scena dell’olandese volante riesce, a mio avviso, a concentrare tutta l’attenzione sulla musica, sul suo fluire, sulle emozioni trascinanti che esprime nei diversi momenti. Si esce sorpresi e leggeri, per nulla oppressi dalla leggendaria lunghezza e noiosità delle opere wagneriane, si prova un senso di gratitudine verso l’intero cast e l’ottimo coro, per l’orchestra nella direzione asciutta e potente di Lyniv. Si ritrova la gioia della musica, la bellezza di essere coinvolti in una narrazione al di là di ogni problematica organizzativa e burocratica. Oltretutto l’acustica dell’Europauditorium non si rivela affatto malvagia, anzi piuttosto sorprendente. Ogni cosa nuova spaventa, da sempre, tanto al tempo di Wagner che al nostro. Antidoto può essere sedersi e ascoltare lasciandosi sommergere dalle onde del mare in tempesta per riemergerne trasformati.