Domenica prossima, 14 maggio, in Turchia si terrà una doppia tornata elettorale. I cittadini turchi saranno chiamati a votare per il presidente del Paese, ma anche per una consultazione politica.
Le elezioni assumono un valore molto importante per la situazione in cui versa la Turchia, piagata dal terremoto del febbraio scorso, che ha colpito il Paese che già versava in una crisi economica profonda. Il voto potrebbe quindi porre fine ai decenni di potere nelle mani del presidente Recep Tayyip Erdoğan, ma la sua uscita di scena è tutt’altro che scontata.

Le elezioni in Turchia dopo il terremoto: quali scenari?

Sono 17 le tornate elettorali che Erdoğan è riuscito a superare. Un periodo di tempo che ha permesso al leader dell’Akp di trasformare profondamente il Paese, anche grazie alla repressione seguita al tentato golpe del 2016.
Domenica prossima il presidente uscente dovrà misurarsi con altri tre candidati, tutti uomini, tra i quali il favorito, secondo i sondaggi, è Kemal Kılıçdaroğlu, leader del Chp, il partito repubblicano turco.
«Se dovesse vincere, Kılıçdaroğlu sarebbe il primo presidente alavita, una minoranza musulmana sciita, come i valdesi per il cristianesimo – osserva ai nostri microfoni il giornalista Murat Cinar – Una minoranza discriminata e perseguitata nei decenni».

Uno dei possibili scenari che il giornalista disegna vede la sconfitta di Erdogan alle elezioni presidenziali, ma il suo partito potrebbe risultare primo alle elezioni politiche. Questo potrebbe portare alla formazione di un governo composto dalle opposizioni presenti, la cui convergenza verso un programma esecutivo è tutt’altro che scontata.
In ogni caso, riporta Cinar, «il clima è come quello del 2015, quando Erdogan perse per la prima volta dopo 15 anni della sua dittatura e si trovò senza i numeri sufficienti per comporre un governo monocolore».

Kılıçdaroğlu ha promesso di ridisegnare tutta la politica estera della Turchia, che in questi anni ha costituito uno dei punti di forza del presidente uscente. Ed è per questo che non è così facile capire se le elezioni di domenica possano rappresentare la fine dell’era Erdogan.
«Erdogan è stato un ottimo serviente per tutti – sottolinea Cinar – dalla dittatura saudita a quella egiziana, dalla destra israeliana al sistema mafioso moscovita, dalla cultura razzista europea alla linea transatlantica di Washington».
Relazioni internazionali di interesse, come nel caso dell’accordo per trattenere i migranti siriani con l’Ue, che hanno dato molto potere nelle mani di Erdogan.

ASCOLTA L’INTERVISTA A MURAT CINAR: